Immagina di avere un biglietto unico che ti permette di accedere a tutti gli eventi di una conferenza senza dover mostrare documenti o ricordare codici. Questa è l’essenza delle passkey, la nuova frontiera dell’autenticazione digitale. Ma come si differenziano dalle tradizionali password? E perché le organizzazioni dovrebbero adottarle, senza trascurare formazione e governance?

Cosa Sono le Passkey?

Le passkey sono chiavi digitali generate tramite crittografia avanzata, basate sugli standard FIDO Alliance (Fast Identity Online). A differenza delle password, non vengono create dall’utente, ma generate automaticamente da app e siti web. Ogni passkey è composta da una coppia di chiavi crittografiche:

  • Una chiave privata, memorizzata in modo sicuro sul dispositivo dell’utente (es. smartphone o laptop).
  • Una chiave pubblica, registrata sul server del servizio.

Per attivare una passkey, è necessaria una verifica aggiuntiva, come un PIN o un identificatore biometrico (impronta digitale, riconoscimento facciale). Questo meccanismo le rende un esempio di autenticazione multi-fattore (MFA), riducendo il rischio di accessi non autorizzati.

Vantaggi delle Passkey:

  • Sicurezza superiore: Resistenti a phishing, brute force e attacchi credential stuffing.
  • Niente password da ricordare: Eliminano il problema della gestione di credenziali complesse.
  • Esperienza utente semplificata: Accesso rapido e senza attriti.

Password: Un Approccio Tradizionale con Limiti Noti

Le password sono il metodo di autenticazione più diffuso, ma anche il più vulnerabile. Spesso gli utenti le scelgono basandosi su informazioni personali (date di nascita, nomi) o le riutilizzano su più piattaforme, esponendosi a rischi come:

  • Furti tramite phishing: Truffe che inducono a rivelare le credenziali.
  • Attacchi brute force: Tentativi automatizzati di indovinare password semplici.
  • Password deboli: Scelte comuni come “123456” o “password” sono facilmente violabili.

Perché le Password Restano un Problema?
Anche con politiche di complessità (lunghezza minima, caratteri speciali), la gestione umana rimane un anello debole. Scrivere password su sticky note o condividerle via email compromette la sicurezza, soprattutto senza una formazione adeguata del personale.

Passkey vs Password: Differenze Chiave

  1. Autenticazione Multi-Fattore Integrata:
    • Le passkey combinano crittografia e verifica aggiuntiva (PIN o biometrica).
    • Le password richiedono MFA separato (es. SMS o app authenticator).
  2. Generazione e Memorizzazione:
    • Le passkey sono generate automaticamente e crittografate.
    • Le password dipendono dalla creatività dell’utente, spesso prevedibili.
  3. Vulnerabilità:
    • Le passkey sono immuni a phishing e replay attack grazie alle chiavi uniche per sessione.
    • Le password sono esposte a furti, condivisioni negligenti e attacchi dizionario.

Limiti delle Passkey (per ora):

  • Supporto non universale: Non tutti i servizi le hanno adottate.
  • Dipendenze dal dispositivo: Senza sincronizzazione, la perdita del device può bloccare l’accesso.

Sicurezza: Passkey Sono Davvero Migliori?

La risposta è sì, grazie alla crittografia asimmetrica e all’eliminazione del fattore umano nella creazione. Tuttavia, la transizione richiede:

  • Formazione del personale: Spiegare come utilizzare le passkey e gestire i dispositivi.
  • Governance dei processi: Definire policy per la sincronizzazione, il recupero accessi e l’integrazione con sistemi esistenti.

Best Practice: Non Solo Tecnologia

Che tu scelga passkey, password o entrambi, ecco come massimizzare la sicurezza:

  1. Per le Password:
    • Usa un password manager come LastPass per generare e memorizzare credenziali complesse.
    • Evita riferimenti personali e cambia password dopo un sospetto breach.
  2. Per le Passkey:
    • Sincronizza le chiavi tramite ecosistemi sicuri (iCloud Keychain, Windows Hello).
    • Fornisci linee guida chiare per la gestione dei dispositivi aziendali.
  3. Affianca Strumenti a Cultura e Processi:
    • Organizza corsi su cybersecurity per mitigare rischi legati a errori umani.
    • Implementa audit periodici per verificare l’efficacia delle policy.

MOLTI si chiedono quindi:

1. Le passkey sostituiranno le password?
Non immediatamente, ma sono il futuro. Intanto, molti servizi (Google, Amazon) permettono di usarle in affiancamento alle password.

2. Cosa succede se perdo il dispositivo con le passkey?
Con sistemi di sincronizzazione cloud (es. Apple ID), puoi recuperarle. Senza, contatta il reparto IT: ecco perché è cruciale una governance solida.

3. Posso usare entrambi i metodi?
Sì. Tools come LastPass supportano passkey e password, offrendo flessibilità durante la transizione.


Passkey e password hanno pro e contro, ma la vera protezione nasce dall’integrazione tra tecnologia, formazione continua e processi strutturati. In FinData, aiutiamo le aziende a navigare questa complessità con soluzioni su misura per IT Security e Compliance.

Contattaci per rendere la tua organizzazione un esempio di sicurezza consapevole.

L’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), nel processo di iscrizione delle imprese nel perimetro NIS2, pone tra le domande anche l’appartenenza a un gruppo di imprese. Ma perché questa informazione è rilevante?

1. Cos’è un gruppo di imprese secondo la normativa italiana?

Un gruppo di imprese è definito dall’articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, come:

“L’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che esercitano o sono sottoposti, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica.”

In sintesi, un gruppo è formato da più aziende legate da un controllo comune, sia esso diretto o indiretto.

2. Perché ACN chiede l’appartenenza a un gruppo?

La normativa NIS2 ha lo scopo di rafforzare la sicurezza informatica delle infrastrutture critiche e delle aziende essenziali per il funzionamento dello Stato. L’appartenenza a un gruppo è rilevante per diversi motivi:

  1. Rischio e vulnerabilità condivise: le aziende di un gruppo condividono spesso infrastrutture IT, sistemi di sicurezza e flussi di dati, aumentando il rischio di attacchi informatici su più entità contemporaneamente.
  2. Obblighi di sicurezza estesi: se una società del gruppo è soggetta a NIS2, anche le altre potrebbero esserlo, perché potrebbero operare all’interno dello stesso ecosistema IT o dipendere dalle stesse risorse.
  3. Responsabilità e governance: la società madre o l’ente che esercita la direzione e il coordinamento potrebbe avere un ruolo nelle strategie di cybersecurity, influenzando la gestione della sicurezza di tutte le società del gruppo.
  4. Gestione delle segnalazioni di incidenti: in caso di attacco o incidente, le autorità potrebbero richiedere l’intervento non solo della singola azienda colpita, ma anche delle altre società del gruppo per prevenire effetti a catena.

3. Implicazioni pratiche per le aziende nel perimetro NIS2

Se un’azienda fa parte di un gruppo, durante l’iscrizione su ACN, dovrà:

  • Dichiarare la presenza di un eventuale ente di direzione e coordinamento.
  • Indicare se la sicurezza informatica è gestita in modo centralizzato.
  • Valutare l’eventuale estensione degli obblighi di compliance NIS2 ad altre società del gruppo.

4. Concludendo

L’inclusione dei dettagli circa l’appartenenza a un gruppo di aziende durante l’iscrizione al portale NIS2 di ACN non è quindi casuale. L’analisi della struttura del gruppo aiuta a valutare la superficie di attacco, identificare i rischi condivisi e garantire una gestione coordinata della cybersicurezza.

Per le aziende che rientrano nel perimetro NIS2, è fondamentale comprendere il proprio ruolo all’interno del gruppo, adottare misure di sicurezza adeguate e garantire che la governance della cybersecurity sia allineata alle nuove normative europee e nazionali. Dubbi? Domande? Contattaci, la scadenza del 28 febbraio 2025 per l’iscrizione è prossima.

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali, con il Provvedimento dell’11 gennaio 2024 [10082705], ha recentemente colpito Findomestic Banca S.p.A. con una significativa sanzione per violazione del GDPR. Il motivo? L’invio di comunicazioni promozionali agli utenti senza il loro consenso esplicito.

Il caso è emblematico di un problema più ampio che riguarda molte aziende: fino a che punto è possibile utilizzare i dati personali dei clienti per finalità di marketing senza incorrere in sanzioni? E quali sono i rischi concreti di un’interpretazione troppo disinvolta delle norme sulla protezione dei dati?

In questo articolo analizziamo il provvedimento del Garante, le argomentazioni di Findomestic e le lezioni che ogni azienda dovrebbe imparare per evitare di trovarsi nella stessa situazione.

Perché Findomestic è stata sanzionata?

Tutto è iniziato con un reclamo presentato da un cliente, il quale ha lamentato di aver ricevuto comunicazioni promozionali da Findomestic tramite telefono e posta cartacea, nonostante non avesse mai dato il consenso per finalità di marketing o profilazione.

Il Garante ha avviato un’istruttoria e ha scoperto che la banca aveva inviato queste comunicazioni basandosi sul cosiddetto “legittimo interesse”, un principio previsto dal GDPR che permette alle aziende di trattare dati personali senza il consenso esplicito dell’utente, a patto che vi sia un interesse legittimo superiore rispetto ai diritti e alle libertà dell’interessato.

Findomestic, infatti, aveva indicato nell’informativa privacy che avrebbe potuto inviare comunicazioni promozionali ai propri clienti sulla base del legittimo interesse, a meno che questi non avessero esercitato il diritto di opposizione. In altre parole, la banca non chiedeva un consenso esplicito per inviare pubblicità, ma si limitava a informare i clienti della possibilità di opporsi.

Tuttavia, il Garante ha ritenuto che questa modalità di trattamento non fosse conforme alle regole sulla privacy. Il principio di trasparenza e consenso informato stabilito dal GDPR richiede che il trattamento dei dati personali per finalità di marketing avvenga solo previo consenso libero e specifico dell’utente, e non in modo automatico o presunto.

Le argomentazioni di Findomestic e la decisione del Garante

Findomestic ha cercato di difendersi sostenendo che:

  1. Non era stata direttamente responsabile del contatto telefonico: la chiamata promozionale lamentata dal cliente era stata effettuata da una società terza, incaricata come responsabile del trattamento.
  2. Il marketing diretto era basato sul legittimo interesse: secondo la banca, era lecito inviare comunicazioni relative a prodotti e servizi analoghi a quelli già sottoscritti dai clienti, a meno che questi non avessero espressamente rifiutato.
  3. Aveva rispettato il diritto di opposizione dell’interessato: quando il cliente ha chiesto di non ricevere più comunicazioni, la banca ha effettivamente interrotto l’invio delle pubblicità.

Nonostante queste argomentazioni, il Garante ha ritenuto che la banca avesse violato il GDPR in due modi principali:

  • Uso improprio del legittimo interesse: il Garante ha sottolineato che il marketing diretto deve basarsi sul consenso, salvo rari casi specifici. L’uso del legittimo interesse non può sostituire il consenso esplicito dell’utente, soprattutto quando si tratta di nuove comunicazioni promozionali e non semplici informazioni su prodotti già acquistati.
  • Mancanza di trasparenza nelle informative: la banca non aveva comunicato in modo chiaro e inequivocabile che il cliente sarebbe stato oggetto di attività di marketing, rendendo difficile per lui esercitare i propri diritti in modo consapevole.

Di conseguenza, Findomestic è stata sanzionata con una multa di 100.000 euro​.

Gli impatti della sanzione: non solo una questione economica

Oltre alla sanzione pecuniaria, questa vicenda ha conseguenze ben più gravi per Findomestic e per qualsiasi azienda che gestisce dati personali in modo non conforme:

  • Danno reputazionale: la notizia di una sanzione da parte del Garante può minare la fiducia dei clienti, soprattutto in un settore delicato come quello bancario. Gli utenti oggi sono sempre più attenti alla gestione dei propri dati e tendono a penalizzare le aziende che non rispettano la privacy.
  • Maggiore attenzione da parte delle autorità: una volta che un’azienda viene colpita da una sanzione, è probabile che il Garante la tenga sotto stretta osservazione in futuro. Questo significa maggiori controlli, con il rischio di ulteriori sanzioni se non vengono adottate misure correttive adeguate.
  • Costi operativi per adeguarsi: dopo una sanzione, un’azienda deve investire in nuove procedure di compliance, formazione del personale e aggiornamento delle policy aziendali, aumentando i costi operativi.

Come evitare lo stesso errore: 4 consigli pratici per le aziende

Questa vicenda dimostra quanto sia fondamentale per le aziende gestire con attenzione il trattamento dei dati personali. Ecco quattro azioni concrete per evitare problemi simili:

  1. Non abusare del legittimo interesse
    Il GDPR prevede che il trattamento basato sul legittimo interesse sia supportato da un’analisi approfondita dei rischi e bilanciato rispetto ai diritti dell’interessato. Quando si tratta di marketing diretto, è sempre preferibile ottenere un consenso esplicito e documentato.
  2. Garantire la massima trasparenza nelle informative
    Le informative sulla privacy devono essere chiare, dettagliate e facilmente comprensibili. I clienti devono sapere esattamente come verranno usati i loro dati e come possono esercitare i loro diritti.
  3. Adottare processi di gestione del consenso efficienti
    Le aziende devono implementare sistemi chiari per raccogliere, gestire e documentare i consensi. Devono inoltre garantire che il cliente possa revocare il consenso in modo semplice e immediato.
  4. Formare il personale e controllare i fornitori
    Tutti i dipendenti che gestiscono dati personali devono essere formati sulle normative GDPR. Inoltre, è essenziale vigilare sui fornitori esterni (come le società di telemarketing), assicurandosi che operino nel pieno rispetto della legge.

La privacy non è un optional

Il caso Findomestic ci insegna che la protezione dei dati non è solo una questione di compliance burocratica o la c.d. paper compliance, ma un elemento chiave per la fiducia dei clienti e la reputazione aziendale.

Oggi più che mai, le aziende devono adottare un approccio proattivo alla privacy, investendo in tecnologie e processi che garantiscano una gestione sicura e trasparente dei dati.

Se vuoi verificare se la tua azienda è conforme alle normative GDPR ed evitare di incorrere in sanzioni, contattaci per una consulenza gratuita. Ti aiuteremo a mettere in sicurezza il tuo business e a trasformare la privacy in un vantaggio competitivo.

L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando molti aspetti della nostra vita quotidiana, e il settore dell’istruzione non fa eccezione. In un futuro non troppo lontano, l’IA potrebbe svolgere compiti cruciali come correggere gli esami, valutare gli studenti e persino prendere decisioni sull’ammissione a determinati corsi di studi. Tuttavia, mentre queste tecnologie promettono di migliorare l’efficienza e l’equità del sistema educativo, sollevano anche preoccupazioni importanti riguardo alla privacy e ai diritti degli interessati.

L’uso dell’intelligenza artificiale nelle scuole può portare numerosi vantaggi, ma non si può ignorare che gestire informazioni così sensibili, come quelle relative agli studenti, richiede un’attenzione particolare alla conformità al GDPR, alle normative sulla protezione dei dati personali e ovviamente all’ AI ACT.

Ma quali sono i rischi di utilizzare sistemi di intelligenza artificiale nelle scuole? E come possiamo garantire che l’adozione di queste tecnologie avvenga nel rispetto della privacy degli studenti?

L’IA nelle scuole: come può migliorare l’istruzione?

L’introduzione dell’IA nel sistema scolastico promette di rivoluzionare la didattica in molti modi. Ecco alcuni esempi di come l’intelligenza artificiale potrebbe essere utilizzata nelle scuole:

  • Correzione automatica dei compiti : uno dei compiti più gravosi per i docenti è la correzione di esami e compiti. L’intelligenza artificiale può semplificare questo processo, valutando rapidamente e in modo imparziale gli elaborati degli studenti, riducendo al minimo gli errori umani e permettendo una valutazione più rapida.
  • Valutazione continua e personalizzata : l’IA può monitorare il progresso degli studenti in tempo reale, fornendo feedback personalizzati e suggerendo percorsi di apprendimento specifici in base alle necessità di ciascun individuo. Questo può migliorare l’apprendimento, adattando i materiali e i metodi in base al livello e al ritmo dello studente.
  • Ammissioni e selezioni : l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per esaminare le domande di ammissione ai corsi universitari o per valutare l’idoneità di uno studente a partecipare a un programma speciale, analizzando un gran numero di dati in modo rapido ed efficiente.

Sebbene questi esempi mostrino il potenziale dell’IA per migliorare l’efficienza del sistema scolastico, è importante considerare le implicazioni legate alla privacy e alla gestione dei dati sensibili degli studenti.

I rischi legati all’uso dell’IA nella scuola

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle scuole comporta rischi significativi in ​​termini di protezione dei dati personali. Gli studenti, in particolare i minori, sono soggetti vulnerabili e i dati che li riguardano devono essere trattati con la massima cura.

Ecco alcuni dei principali rischi legati all’uso dell’IA nelle scuole:

  • Raccolta massiccia di dati : per funzionare correttamente, i sistemi di intelligenza artificiale richiedono l’accesso a grandi quantità di dati. Questo significa che le scuole devono raccogliere e conservare informazioni personali sugli studenti, come risultati degli esami, comportamenti scolastici, dati sulla salute e persino interazioni online. Un trattamento improprio di questi dati può portare a violazione della privacy.
  • Profilazione degli studenti : uno dei rischi più controversi legati all’IA è la profilazione degli studenti. Analizzando i dati raccolti, l’intelligenza artificiale può creare profili dettagliati degli studenti, determinando il loro livello di apprendimento, comportamento e persino predisposizioni future. Questo tipo di profilazione può avere un impatto negativo, influenzando le opportunità educative degli studenti e creando potenziali discriminazioni.
  • Sicurezza dei dati : l’implementazione dell’IA nelle scuole richiede che i dati personali degli studenti siano memorizzati in sistemi informatici avanzati, che possono essere soggetti ad attacchi informatici. La sicurezza di questi dati è cruciale per evitare che informazioni sensibili finiscano nelle mani sbagliate.

Il rispetto del GDPR: come proteggere i dati degli studenti

Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) , entrato in vigore nel 2018, contiene regole rigide sulla raccolta, il trattamento e la conservazione dei dati personali. Questo significa che le scuole, così come le aziende che forniscono tecnologie di intelligenza artificiale, devono garantire che i dati degli studenti siano protetti in ogni fase. Anche l’AI ACT offre tutta una serie di strumenti utili per proteggere gli interessati da usi impropri delle Intelligenze Artificiali.

Alcuni punti chiave da considerare in relazione al GDPR includono:

  • Consenso esplicito : per raccogliere e trattare i dati degli studenti, in particolare dei minori, è necessario ottenere il consenso esplicito dei genitori o dei tutori legali. Questo consenso deve essere informato, e le scuole devono spiegare chiaramente come verranno utilizzati i dati e per quali finalità.
  • Minimizzazione dei dati : il GDPR richiede che le organizzazioni raccolgano solo i dati strettamente necessari per il raggiungimento degli scopi dichiarati. Le scuole devono evitare di raccogliere informazioni non pertinenti o eccessive e assicurarsi che i dati siano eliminati quando non sono più necessari.
  • Protezione dei dati : i dati degli studenti devono essere protetti con misure tecniche e organizzative adeguate. Questo include la crittografia, l’anonimizzazione dei dati e l’adozione di sistemi di sicurezza informatica per prevenire accessi non autorizzati.
  • Trasparenza e diritto all’accesso : gli studenti (e/o i loro genitori) hanno il diritto di sapere quali dati personali vengono raccolti e come vengono trattati. Le scuole devono essere trasparenti e fornire accesso ai dati su richiesta.

Come garantire un uso responsabile dell’IA nelle scuole

Per implementare in modo sicuro ed etico l’IA nelle scuole, è necessario che le istituzioni educative e i fornitori di tecnologia seguano alcune linee guida fondamentali:

  • Valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) : prima di implementare un sistema di intelligenza artificiale, le scuole dovrebbero effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) per identificare i rischi legati alla privacy e adottare le misure necessarie per mitigarli.
  • Coinvolgimento dei genitori e dei tutori : le scuole devono coinvolgere i genitori e i tutori in tutte le fasi di implementazione dell’IA, informandoli chiaramente sui vantaggi e sui rischi. Questo crea fiducia e assicura che le famiglie abbiano conoscenza del trattamento dei dati personali dei propri figli.
  • Formazione del personale e degli studenti : il personale scolastico e gli studenti devono essere formati su come utilizzare i sistemi di intelligenza artificiale in modo sicuro e responsabile. Questo include l’importanza di proteggere i propri dati e di utilizzare strumenti digitali in modo consapevole.

Conclusioni: un equilibrio tra innovazione e privacy

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle scuole può migliorare notevolmente l’efficienza del sistema educativo e offrire nuove opportunità di apprendimento personalizzato. Tuttavia, è fondamentale che queste tecnologie siano utilizzate nel pieno rispetto della privacy degli studenti e in conformità con il GDPR.

La chiave per un’implementazione di successo dell’IA nel settore educativo risiede nell’equilibrio tra innovazione e protezione dei dati. Le scuole devono essere proattive nel garantire che l’uso di queste tecnologie non comprometta la privacy degli studenti e che ogni passaggio sia trasparente e sicuro.

Se la tua scuola o azienda utilizza e/o fornisce tecnologie di intelligenza artificiale e desideri garantire la conformità con le normative sulla protezione dei dati, contatta il nostro team di esperti per una consulenza dedicata.

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    Con l’evoluzione tecnologica, il controllo da remoto dei dipendenti è diventato una pratica sempre più diffusa. Che si tratti di monitorare la produttività, garantire la sicurezza delle informazioni o prevenire gli abusi, molte aziende stanno implementando strumenti di controllo a distanza. Tuttavia, la gestione di questi sistemi solleva diverse questioni legali e di protezione dei dati, soprattutto in relazione a chi può accedere a queste informazioni e a quali condizioni.

    Una recente sentenza ha ribadito un principio fondamentale: il datore di lavoro è l’unico soggetto autorizzato a gestire e trattare i dati raccolti attraverso sistemi di controllo da remoto . L’Ispettorato del lavoro, infatti, non può rilasciare il provvedimento autorizzativo quando il titolare dei dati acquisiti (immagini o tracciamenti) non coincide con il datore di lavoro stesso. Questo limite evidenzia l’importanza di rispettare la normativa sulla protezione dei dati personali e dei diritti dei lavoratori.

    Il controllo da remoto e l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori

    In Italia, l’uso di strumenti di controllo a distanza sui dipendenti è regolamentato principalmente dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori . Questo articolo vieta l’installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo che possono interferire con la privacy dei lavoratori, a meno che non ci siano accordi sindacali o autorizzazioni dell’Ispettorato del lavoro. Tuttavia, anche in questi casi, il controllo deve rispettare principi fondamentali di necessità e proporzionalità.

    Con l’aumento del lavoro da remoto, molte aziende hanno iniziato a utilizzare software per monitorare l’attività dei dipendenti, come sistemi di tracciamento del tempo, monitoraggio delle e-mail o delle attività sui computer aziendali. Sebbene queste tecnologie possano essere utilizzate per garantire l’efficienza e la sicurezza, devono essere utilizzate nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e delle normative sulla privacy.

    Chi può trattare i dati raccolti attraverso i controlli da remoto?

    La sentenza sottolinea un aspetto cruciale: i dati raccolti attraverso strumenti di controllo da remoto possono essere trattati solo dal datore di lavoro, che è il titolare del trattamento. Questo significa che solo il datore, o persone da lui delegate, possono accedere ai dati e utilizzarli per gli scopi previsti, come il controllo della produttività o la protezione della proprietà aziendale.

    L’Ispettorato del lavoro, pur avendo il potere di autorizzare l’uso di questi strumenti, non può intervenire direttamente nella gestione o nel trattamento dei dati. La logica alla base di questa decisione è che solo il datore di lavoro ha un interesse diretto e legittimo nel controllo delle attività dei propri dipendenti, mentre l’Ispettorato deve limitarsi a garantire che l’uso di questi strumenti avvenga nel rispetto delle leggi vigenti.

    Le implicazioni per le aziende

    Per le aziende, questa sentenza ribadisce l’importanza di gestire con attenzione i dati raccolti tramite i sistemi di controllo da remoto. Ecco alcune raccomandazioni chiave per garantire la conformità alle normative:

    • Chiarezza sugli scopi del controllo : il datore di lavoro deve definire chiaramente gli scopi per cui i dati vengono raccolti. Questi possono includere il controllo della produttività, la prevenzione delle frodi o la protezione dei dati sensibili. Tuttavia, gli scopi devono essere legittimi e proporzionati.
    • Informare i dipendenti : il GDPR e il Codice della Privacy italiano impongono che i lavoratori siano informati dell’uso di strumenti di controllo a distanza. Devono sapere quali dati vengono raccolti, come verranno utilizzati e chi avrà accesso a queste informazioni.
    • Conservazione limitata dei dati : i dati raccolti attraverso i controlli da remoto devono essere conservati solo per il tempo necessario a raggiungere lo scopo per cui sono stati raccolti. La conservazione prolungata dei dati senza una giustificazione legittima può costituire una violazione della privacy.
    • Adozione di misure di sicurezza adeguate : i dati raccolti devono essere protetti da accessi non autorizzati. Ciò significa che devono essere adottate misure tecniche e organizzative adeguate per garantire la riservatezza e l’integrità dei dati, come la crittografia o l’uso di firewall.
    • Coinvolgimento dei sindacati : in molti casi, l’installazione di strumenti di controllo richiede l’accordo con le rappresentanze sindacali. Le aziende devono essere pronte a negoziare e spiegare chiaramente le ragioni dell’implementazione di tali sistemi.

    Quali sono i limiti legali del controllo a distanza?

    Sebbene il controllo da remoto sia legittimo in molti casi, ci sono alcuni limiti importanti che le aziende devono rispettare. In primo luogo, il controllo non deve violare la privacy dei dipendenti in modo eccessivo o invasivo. Ciò significa che non è consentito monitorare costantemente l’attività di un lavoratore senza un giustificato motivo.

    In secondo luogo, l’uso di strumenti di controllo deve essere sempre proporzionato. Se esistono alternative meno invasive per raggiungere lo stesso obiettivo, il datore di lavoro è tenuto a utilizzarle. Ad esempio, se l’obiettivo è proteggere i dati aziendali, potrebbe essere sufficiente implementare misure di sicurezza sui dispositivi aziendali, senza bisogno di monitorare ogni singola attività del lavoratore.

    Infine, il trattamento dei dati deve essere conforme al GDPR . Questo implica che i lavoratori abbiano il diritto di accedere ai propri dati, correggerli o richiederne la cancellazione in determinate circostanze. Inoltre, i lavoratori devono essere informati chiaramente sui loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali.

    Conclusioni: il datore di lavoro come unico responsabile dei dati raccolti

    Il controllo a distanza è uno strumento potente, ma deve essere utilizzato con cautela. La sentenza stabilisce che il datore di lavoro è l’unico soggetto autorizzato a gestire i dati raccolti attraverso questi strumenti, e che l’uso di tali dati deve essere sempre conforme alla normativa sulla protezione dei dati personali.

    Per le aziende, questo significa che è fondamentale avere politiche chiare e trasparenti sull’uso degli strumenti di controllo, informare adeguatamente i lavoratori e garantire che i dati siano trattati in modo sicuro e conforme alle leggi. Un controllo eccessivo o invasivo può non solo violare la privacy dei dipendenti, ma anche compromettere il rapporto di fiducia tra lavoratori e azienda.

    Se vuoi assicurarti che i tuoi strumenti di controllo da remoto siano conformi alle normative sulla protezione dei dati e rispettino i diritti dei lavoratori, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.

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      Immagina di svegliarti e scoprire che dal tuo conto bancario sono spariti migliaia di euro. Nessun avviso, nessuna traccia evidente. Solo un’app apparentemente innocua che hai scaricato giorni fa. Questo incubo è diventato realtà per oltre 1500 utenti Android in tutto il mondo, con un primato poco invidiabile per l’Italia: il 56% delle compromissioni è stato segnalato proprio nel nostro Paese. Benvenuti nell’era di Toxic Panda , il malware bancario che sta terrorizzando i dispositivi Android.


      Cosa rende Toxic Panda così pericoloso?

      Toxic Panda non è il solito malware. Non punta a sottrarre semplicemente dati, ma a prendere il controllo completo dei tuoi conti bancari. Attraverso il sequestro dell’account , ruba credenziali, bypassa l’autenticazione a due fattori e avvia trasferimenti di denaro senza che tu te ne accorga. Ecco come opera:

      1. Si traveste da un software popolare : Toxic Penda si nasconde dietro nomi conosciuti e affidabili come Google Chrome, Visa, etc., attraverso pagine web contraffatte perfettamente somiglianti alle originali, inducono gli utenti a scaricarlo.
      2. Elude le difese di sicurezza : Anche se le banche adottano sistemi avanzati di rilevamento comportamentale per individuare attività sospette, il malware riesce spesso a ingannare questi sistemi, agendo come un utente ufficiale.
      3. Tecniche di diffusione subdole : Non è ancora chiaro se Toxic Panda utilizzi malvertising (annunci pubblicitari dannosi) o smishing (link fraudolenti inviati via SMS), ma si sospetta un uso combinato di più metodi. Gli utenti più vulnerabili sono quelli meno attenti a verificare la provenienza di link e download.
      4. Probabile origine cinese : Gli analisti sospettano che dietro il malware ci sia un attore cinese. Sebbene il quadro sia ancora frammentato, l’ipotesi è supportata dalla complessità del codice e dalla capacità di adattamento alle misure di sicurezza.

      Perché l’Italia è così colpita?

      Con il 56% degli attacchi globali concentrati in Italia, emerge un dato allarmante: siamo il paese leader nell’analfabetismo informatico . La scarsa attenzione alla sicurezza digitale, l’uso diffuso di dispositivi senza aggiornamenti e una generale mancanza di educazione tecnologica ci rendono un bersaglio facile.

      Proteggiti da Toxic Panda

      Non basta affidarsi al buon senso. Questo malware è progettato per ingannare anche gli utenti più esperti. Ecco alcune pratiche di contromisure:

      1. Non scaricare mai app da fonti non ufficiali : Google Play Store è il tuo unico alleato sicuro. Se un’app richiede il download da un sito esterno, è un campanello d’allarme.
      2. Controlla sempre i permessi delle app : Se un’app di navigazione web ti chiede di accedere a contatti, SMS o dati bancari, qualcosa non torna.
      3. Aggiorna i tuoi dispositivi : Gli aggiornamenti del sistema operativo e delle app non sono solo fastidiosi pop-up. Spesso includono patch di sicurezza cruciali per difenderti da minacce come Toxic Penda.
      4. Attiva sistemi di autenticazione robusti : Usa l’autenticazione a due fattori (preferibilmente tramite app dedicata e non SMS) per tutte le tue piattaforme bancarie.
      5. Installa un antivirus/antimalware : Nonostante la percezione diffusa che sugli smartphone non serve, un buon software antivirus può rilevare comportamenti sospetti.

      Il ruolo delle banche nella lotta al malware

      Le banche non stanno a guardare. Molte hanno integrati sistemi di rilevamento basati sull’intelligenza artificiale, capaci di analizzare modelli comportamentali e identificare attività anomale. Tuttavia, il supporto dell’utente è fondamentale. Un errore nella tua attenzione può compromettere anche il miglior sistema di sicurezza.

      Toxic Panda: un campanello d’allarme per tutti noi

      Questa minaccia non è solo un problema tecnologico. È un riflesso di quanto siamo vulnerabili in un mondo sempre più connesso. Toxic Penda ci ricorda l’importanza di essere consapevoli dei rischi e di adottare atti di responsabilità digitale.

      Non aspettare di essere la prossima vittima. Proteggi i tuoi dati, educa i tuoi collaboratori alla sicurezza informatica e contatta subito un esperto se hai dubbi sulla sicurezza del tuo dispositivo.


      Contatta il team di FinData per una consulenza gratuita. Scopri come possiamo aiutarti a proteggere i tuoi dispositivi ei tuoi dati personali dalle minacce come Toxic Panda.

      L’uso di software crackato, o piratato, può sembrare una scorciatoia conveniente, ma rappresenta un rischio significativo per le aziende. Le conseguenze legali, tecniche e di sicurezza possono essere devastanti, causando multe elevate e danni irreparabili alla reputazione aziendale. Vediamo insieme i principali rischi dell’utilizzo di software non autorizzato e come reagire in caso di violazione.

      ⚖️ Conseguenze Legali dell’Uso di Software Crackato

      Utilizzare software crackato è una violazione delle leggi sul diritto d’autore, con gravi ripercussioni legali. In Italia, chi viene scoperto ad usare software pirata rischia:

      • Pena detentiva: da 6 mesi a 3 anni.
      • Sanzioni economiche: fino a €15.000 per il solo utilizzo.
      • Multe amministrative: da €154 a €1.032 per uso personale, con sanzioni più severe per uso aziendale.

      👉 Nota: anche per un uso personale all’interno dell’azienda, le aziende possono essere ritenute responsabili dei danni economici causati ai produttori di software. Le software house monitorano attivamente e non esitano a intraprendere azioni legali per proteggere i loro diritti.

      🔍 Rischi Tecnici e di Sicurezza

      Molti software piratati contengono sistemi di tracciamento integrati. Di conseguenza:

      • Dati sensibili come indirizzi IP e informazioni del sistema possono essere inviati al produttore originale.
      • Questo monitoraggio aumenta il rischio di essere scoperti, oltre a esporre l’azienda a vulnerabilità informatiche come malware e spyware.

      👉 Utilizzare software piratato espone le reti aziendali a minacce significative, compromettendo la sicurezza informatica.

      🤝 Cosa Fare in Caso di Notifica di Violazione

      Se ricevi una notifica di violazione, agire rapidamente è fondamentale. Ecco alcuni passaggi chiave:

      1. Rispondi subito alla notifica e prendi in seria considerazione le accuse.
      2. Verifica le prove fornite.
      3. Negozia un accordo se possibile: molte aziende accettano soluzioni amichevoli che evitano azioni legali costose.

      💡 Suggerimento: Assicurati che qualsiasi accordo includa una clausola per evitare ulteriori azioni legali, tutelando così il futuro della tua azienda.

      🚨 Lezioni da Imparare: Importanza della Compliance Software

      Risparmiare sull’acquisto di software legale può comportare rischi enormi a livello legale e di sicurezza. Investire in licenze software genuine e in una strategia di Software Asset Management (SAM) è la scelta più sicura e sostenibile.

      In sintesi, usare software legale:

      • Protegge l’azienda da potenziali sanzioni.
      • Migliora la sicurezza dell’infrastruttura IT.
      • Rafforza la reputazione aziendale dimostrando un impegno per la legalità e l’etica.

      Non Rischiare con il Software Piratato

      Usare software non autorizzato espone la tua azienda a rischi che puoi facilmente evitare. Contatti per una consulenza personalizzata sulla compliance e scopri come possiamo aiutarti a gestire le tue licenze in modo sicuro e conforme.

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      Nel settore dell’intelligenza artificiale, l’evoluzione delle normative e la crescente consapevolezza sui rischi associati ai modelli di frontiera stanno spingendo le aziende ad adottare policy di sicurezza sempre più rigorose. Anthropic (madre del famoso claude.ai), una delle principali startup di ricerca nell’ambito dell’IA, ha recentemente pubblicato un significativo aggiornamento alla sua Responsible Scaling Policy (RSP) , una politica di governance del rischio progettata per mitigare i potenziali rischi catastrofici derivanti dai sistemi di AI avanzati.

      In questo articolo, analizzeremo in cosa consiste questa nuova versione della RSP di Anthropic, quali sono i principi su cui si basa e perché, a nostro avviso, questo aggiornamento rappresenta anche una risposta alle future normative europee sull’AI, come l’ AI Act .

      Cosa prevede l’aggiornamento della Responsible Scaling Policy (RSP) di Anthropic?

      Anthropic ha introdotto la sua Responsible Scaling Policy per la prima volta nel 2023, con l’obiettivo di creare un framework di gestione del rischio per i suoi modelli di intelligenza artificiale. Con l’aggiornamento pubblicato il 15 ottobre 2024, la startup californiana ha raffinato e ampliato questo framework, introducendo nuove soglie di capacità, misure di salvaguardia proporzionali ai rischi e processi di governance interna ed esterna.

      Nello specifico, l’aggiornamento include:

      1. Soglie di Capacità – Anthropic ha definito specifiche capacità che, una volta raggiunte, richiedono l’applicazione di misure di sicurezza più stringenti. Ad esempio:
        • Ricerca e sviluppo autonomo : se un modello è in grado di condurre ricerche avanzate in autonomia, Anthropic applicherà standard di sicurezza elevati (potenzialmente a livello ASL-4), per evitare che l’evoluzione della tecnologia superi la capacità dell’azienda di gestire i rischi emergenti.
        • CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear) : se un modello può fornire assistenza nella creazione di armi chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari a individui con una conoscenza tecnica di base, vengono implementati standard ASL-3, comprensivi di maggiori controlli di accesso e sicurezza.
      2. Standard di Sicurezza dell’Intelligenza Artificiale (AI Safety Level Standards) – Anthropic ha adottato un sistema di livelli di sicurezza ispirato ai livelli di biosicurezza (ASL-1, ASL-2, ASL-3, etc.), che aumentare di rigore man mano che i modelli AI diventano più capaci e, di conseguenza, potenzialmente più pericolosi. Attualmente, tutti i modelli di Anthropic lavorano a livello ASL-2, allineato alle migliori pratiche del settore.
      3. Governance e Monitoraggio Continui – L’aggiornamento della RSP introduce valutazioni periodiche delle capacità dei modelli (Capability Assessments) e dell’efficacia delle salvaguardie (Safeguard Assessments), con processi di documentazione ispirati alle “safety case Methodologies” utilizzate nelle industrie ad alta sicurezza. Inoltre, Anthropic ha aumentato l’enfasi sulla consultazione con esperti esterni , raccogliendo feedback per migliorare continuamente la loro metodologia di valutazione dei rischi.
      4. Nuove Figure di Responsabilità – Jared Kaplan, Co-Fondatore e Chief Science Officer, è stato nominato nuovo Responsible Scaling Officer , e Anthropic ha aperto una posizione per un Head of Responsible Scaling, dimostrando l’impegno a rafforzare l’implementazione della RSP su tutti i fronti aziendali.

      Queste misure rappresentano una risposta concreta alle sfide poste dalla rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale avanzata. Ma c’è un altro fattore da considerare: l’ AI Act dell’Unione Europea.

      Cos’è la Responsible Scaling Policy (RSP) di Anthropic?

      La Responsible Scaling Policy è un framework di gestione del rischio che guida Anthropic nel bilanciare il progresso tecnologico con le misure di sicurezza necessarie per prevenire potenziali rischi catastrofici. In altre parole, è una serie di linee guida che determinano fino a che punto i modelli di AI di Anthropic possono essere sviluppati e implementati in sicurezza.

      L’RSP si basa su alcuni principi fondamentali:

      • Protezione proporzionale : le misure di sicurezza adottate devono essere proporzionate al rischio. Man mano che i modelli diventano più capaci e potenzialmente pericolosi, aumentano i livelli di protezione e sicurezza richiesti.
      • Valutazioni periodiche : i modelli vengono valutati regolarmente per verificare se hanno raggiunto nuove capacità che richiedono aggiornamenti nelle misure di sicurezza.
      • Trasparenza e Documentazione : ogni valutazione e decisione è documentata rigorosamente per garantire trasparenza e accountability. Questo approccio è ispirato a metodologie di “safety case” comuni nelle industrie a rischio elevato, come quella nucleare o aerospaziale.
      • Coinvolgimento di Esperti Esterni : Anthropic si consulta con esperti esterni per assicurarsi che le sue pratiche siano allineate con le ultime ricerche e le normative emergenti.

      L’obiettivo finale della RSP è prevenire scenari in cui i modelli di AI avanzati possono causare danni significativi, volontariamente o involontariamente, mantenendo i rischi al di sotto di una soglia accettabile.

      Perché la Responsible Scaling Policy è una risposta all’AI Act dell’UE?

      L’ AI Act è una proposta di regolamento dell’Unione Europea che mira a stabilire requisiti di sicurezza e trasparenza per i sistemi di intelligenza artificiale, soprattutto per quelli considerati ad alto rischio . Questa normativa, una volta approvata, imporrà alle aziende di conformarsi a standard rigorosi per garantire che i loro sistemi non mettano in pericolo la sicurezza pubblica oi diritti fondamentali delle persone.

      L’aggiornamento della RSP di Anthropic può essere visto come una risposta anticipata a questi requisiti per diverse ragioni:

      1. Allineamento con i Livelli di Rischio dell’AI Act – L’AI Act classifica i sistemi AI in base al loro livello di rischio, richiedendo misure di sicurezza proporzionali. Gli AI Safety Level Standards (ASL) di Anthropic seguono un approccio simile, con livelli di sicurezza graduati in base alle capacità e ai rischi potenziali dei modelli. Questo rende l’RSP di Anthropic potenzialmente compatibile con l’approccio dell’AI Act, posizionando l’azienda in una buona posizione per conformarsi alle normative europee.
      2. Focus su Capacità Pericolose – L’AI Act prevede restrizioni severe per i sistemi AI che potrebbero essere utilizzati in ambiti sensibili o pericolosi, come la biotecnologia o la sicurezza nazionale. La RSP di Anthropic include soglie specifiche per le capacità potenzialmente pericolose (es. assistenza nella creazione di armi CBRN), segnalando un impegno a prevenire usi dannosi dei modelli AI. Questo approccio è coerente con il regolamento europeo, che cerca di limitare la possibilità che l’AI venga utilizzata in modi nocivi.
      3. Documentazione e Trasparenza – L’AI Act impone requisiti di documentazione per garantire che le decisioni di sicurezza siano trasparenti e tracciabili. La RSP aggiornata di Anthropic enfatizza la documentazione dettagliata e il tracciamento di tutte le valutazioni e decisioni, posizionando l’azienda per soddisfare eventuali richieste di audit o verifiche da parte delle autorità europee.
      4. Proattività nella Sicurezza – Anticipare le normative può essere una strategia vantaggiosa per le aziende che lavorano su scala globale. Implementando la RSP, Anthropic si posiziona come leader proattivo nella gestione dei rischi AI, dimostrando di prendere seriamente la questione della sicurezza. Questo potrebbe facilitare l’accesso ai mercati regolamentati come l’UE e prevenire problematiche legali o regolamentari nel futuro.

      Cosa fare se usi Claude.ai di Anthropic

      L’aggiornamento della Responsible Scaling Policy di Anthropic è un esempio di come le aziende di AI possano rispondere alle sfide poste dai rischi associati ai modelli avanzati, dimostrando responsabilità e proattività. Sebbene la RSP sia una policy interna, è evidente che il suo approccio riflette i principi dell’AI Act dell’Unione Europea , posizionando Anthropic in una posizione di vantaggio per la conformità futura.

      Con la crescita rapida dell’intelligenza artificiale, è probabile che sempre più aziende seguiranno l’esempio di Anthropic, sviluppando framework di sicurezza che bilanciano l’innovazione con la necessità di proteggere la società da potenziali abusi e rischi catastrofici. L’approccio di Anthropic è un segnale positivo per l’intero settore, e un modello che altre aziende potrebbero adottare in vista dell’approvazione dell’AI Act. Se usi Claude.ai per elaborare e gestire i dati in azienda, verifica con i tuoi consulenti privacy di fiducia come le modifiche di Anthropic impattano sulle tue operazioni e la relativa protezione dei dati personali.

      Il caso Equalize ha portato alla luce una verità inquietante: le informazioni sensibili contenute nei database statali, in teoria inaccessibili e protette, non sono così al sicuro. L’inchiesta, che ha visto l’arresto di un esperto informatico e di alcuni collaboratori, espone le vulnerabilità di sistemi come lo Sdi, il Sistema d’Indagine Informatico delle forze dell’ordine italiane. Ma come è possibile che questi archivi siano così permeabili? Cosa ci insegna questa vicenda, e quali sono le misure essenziali per difenderci dai rischi del dossieraggio e degli hacker?

      Un Sistema Sdi “Bucato”: La Disillusione della Sicurezza a Prova di Stato

      Lo Sdi raccoglie dati estremamente sensibili, utilizzati per indagini su persone, veicoli e persino per la sicurezza pubblica. Eppure, l’inchiesta ha rivelato come alcuni operatori infedeli e una gestione carente delle autorizzazioni hanno permesso a Equalize di accedere liberamente a queste informazioni, che sono “pubbliche, ma non disponibili”.

      La fragilità emersa nel controllo di questi accessi è una lezione amara per qualsiasi organizzazione, pubblica o privata, che gestisce grandi volumi di dati sensibili: la tecnologia non può sostituire un solido sistema di sorveglianza e verifica umana . Anche i migliori sistemi di protezione diventano inefficaci senza una strategia di governance che assegni permessi e accessi in modo mirato, e soprattutto li monitori costantemente.

      Trojan RAT e Accessi Abusivi: Quando il Malware Passa dalla Porta Principale

      Nell’ambito dell’inchiesta, un ruolo centrale è giocato dal Remote Access Trojan (RAT), un tipo di malware che consente il controllo remoto di un dispositivo infettato. Attraverso tecniche di ingegneria sociale e corruzione, i malintenzionati sono riusciti a installare RAT direttamente sui sistemi del Ministero dell’Interno, con l’aiuto di “insider” infedeli. Il RAT consente a chi lo installa di navigare nel dispositivo della vittima, intercettare comunicazioni e accedere a documenti riservati, spesso in modo invisibile.

      Come si è potuto arrivare a questo punto? Il caso Equalize suggerisce che troppo spesso si sottovalutano i rischi derivanti dalla debolezza umana. In questo contesto, le tecniche di attacco sono meno sofisticate di quanto si possa pensare: più che colpi da “hacker di film”, il modus operandi ricalca vecchi metodi, come la corruzione e la cooptazione di dipendenti.

      Copie Forensi e Catena di Custodia: I Problemi Nascosti nella Raccolta e Gestione dei Dati

      Per quanto riguarda la gestione dei dati trafugati, un altro aspetto inquietante riguarda le copie forensi . Estrarre dati da dispositivi e creare copie forensi richiede una procedura rigorosa, rispettando standard ISO e norme di legge che preservano la “catena di custodia”. Tuttavia, l’inchiesta evidenzia che Calamucci e il suo team hanno realizzato copie di dati in modo abusivo, accedendo a informazioni riservate senza adeguate autorizzazioni.

      Questa vicenda sottolinea un aspetto spesso trascurato nella protezione dei dati: la vulnerabilità non risiede solo nei sistemi, ma anche nella gestione umana dei dati . Per contrastare questo fenomeno, è fondamentale attuare procedure stringenti sulla raccolta e custodia delle copie forensi, assicurandosi che ogni passaggio sia documentato e tracciabile.

      Lezione per il Settore Pubblico e Privato: Politiche di Sicurezza e Educazione alla Consapevolezza

      Cosa possono imparare le aziende e le istituzioni da questo caso? Ecco alcuni principi chiave:

      • Rafforzare la Governance degli Accessi : Ogni accesso a dati riservati deve essere monitorato e giustificato, con sistemi di tracciamento efficaci che rilevino anomalie.
      • Formazione e sensibilizzazione del Personale : La sicurezza principale risiede spesso nei comportamenti degli individui. Sensibilizzare il personale, soprattutto su tecniche di social engineering e riconoscimento dei rischi, riduce il margine di errore.
      • Verifica e Audit Periodici : Avere policy di sicurezza solide non basta. È necessario testarle e verificarle attraverso audit regolari che evidenziano possibili falle e aree di miglioramento.
      • Investire in Cybersecurity per il Controllo degli Insider : I comportamenti non autorizzati di insider rappresentano una delle minacce più difficili da individuare e gestire. Implementare sistemi di monitoraggio che segnalano accessi e attività sospette è essenziale per identificare tempestivamente eventuali abusi.

      Le aziende devono agire

      La protezione dei dati è una sfida complessa, e ogni organizzazione dovrebbe farsi trovare pronta. Cosa fai per proteggere i tuoi dati? Se hai dubbi sulle strategie di sicurezza della tua azienda, contatta il nostro team: siamo qui per aiutarti a rafforzare le tue difese e gestire in sicurezza le tue informazioni più sensibili.

      Nel contesto attuale, sempre più aziende si trovano a dover affrontare la sfida della parità di genere. Non solo è un imperativo etico, ma rappresenta anche un’opportunità strategica per migliorare l’immagine aziendale e attrarre talenti. La Legge 5 novembre 2021 n. 162 ha introdotto la certificazione della parità di genere, un riconoscimento che può portare significativi vantaggi alle imprese. In questo articolo, esploreremo gli obblighi di legge, come ottenere la certificazione sulla parità di genere e i benefici che ne derivano.

      Cos’è la Certificazione della Parità di Genere?

      La certificazione della parità di genere è un attestato che dimostra l’impegno di un’azienda nel promuovere la parità tra uomini e donne all’interno del proprio ambiente di lavoro. Essa si basa su indicatori chiave di prestazione (KPI) definiti dalla prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, che analizzano sei aree di valutazione:

      1. Cultura e strategia
      2. Governance
      3. Processi HR
      4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda
      5. Equità remunerativa per genere
      6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro

      Obblighi di Legge e Vantaggi

      L’ottenimento della certificazione è volontario, ma offre significativi vantaggi alle aziende certificate:

      • Sgravio contributivo fino all’1% (con un tetto massimo di 50.000 euro annui)
      • Punteggio premiale per la partecipazione a bandi pubblici e gare d’appalto
      • Premialità nella concessione di aiuti di stato e nella partecipazione a bandi cofinanziati dal PNRR

      Gli obblighi di legge specifici includono:

      • Articolo 46-bis del D.Lgs. 198/2006: Introdotto dalla Legge n. 162/2021, stabilisce il sistema di certificazione e definisce le modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati trasmessi dalle aziende.
      • Articolo 46 del D.Lgs. 198/2006: Modificato dalla stessa legge, impone alle aziende con almeno 50 dipendenti l’obbligo di redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile. La mancata trasmissione del rapporto comporta sanzioni e impossibilità di partecipare a gare pubbliche per 12 mesi.

      Processo di Certificazione Il percorso di certificazione prevede:

      1. Assessment iniziale dell’organizzazione
      2. Gap analysis rispetto ai requisiti della norma
      3. Piano di azioni correttive
      4. Audit di certificazione da parte di un ente accreditato
      5. Mantenimento annuale e rinnovo triennale

      La certificazione si inserisce nel più ampio contesto della Missione 5 del PNRR, che prevede un investimento di 10 milioni di euro per supportare le imprese nell’ottenimento della certificazione fino al 2026. Questo strumento rappresenta un passo concreto verso la riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro italiano, promuovendo una cultura aziendale più inclusiva e paritaria.

      Perché Ottenere la Certificazione?

      Vantaggi Economici

      Le imprese certificate possono accedere a diverse agevolazioni, tra cui sgravi contributivi e punteggi premiali nei bandi pubblici. Questi incentivi non solo riducono i costi operativi, ma aumentano anche le possibilità di ottenere finanziamenti e contratti pubblici.

      Miglioramento dell’Immagine Aziendale

      La certificazione rappresenta un chiaro segnale dell’impegno dell’azienda verso la responsabilità sociale. Questo può tradursi in una reputazione migliore tra clienti, partner commerciali e potenziali dipendenti, rendendo l’azienda più competitiva sul mercato.

      Attrazione e Retention dei Talenti

      Un ambiente di lavoro inclusivo e paritario è fondamentale per attrarre e mantenere i migliori talenti. Le aziende che dimostrano un forte impegno per la parità di genere tendono a registrare tassi più elevati di soddisfazione dei dipendenti e minori tassi di turnover.

      Come Ottenere la Certificazione

      1. Analisi Iniziale

      Il primo passo consiste in un’analisi approfondita della situazione attuale dell’azienda riguardo alla parità di genere. Questo include la raccolta di dati su retribuzioni, assunzioni, promozioni e politiche aziendali.

      2. Sviluppo di Politiche e Pratiche

      Sulla base dell’analisi iniziale, è necessario sviluppare politiche che affrontino le aree critiche identificate. Ciò può includere programmi di formazione sulla diversità, politiche di flessibilità lavorativa e strategie per ridurre il divario salariale.

      3. Redazione del Rapporto Biennale

      Le aziende con almeno 50 dipendenti sono obbligate a redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile. Questo documento deve analizzare le misure adottate e i risultati ottenuti nel promuovere la parità di genere.

      4. Richiesta della Certificazione

      Una volta implementate le politiche necessarie e redatto il rapporto, l’azienda può procedere con la richiesta della certificazione presso gli enti preposti.

      Conclusione e cose da fare

      Ottenere la certificazione della parità di genere non è solo una questione normativa. Si tratta di un’opportunità per le aziende di dimostrare il proprio impegno verso una cultura aziendale inclusiva e sostenibile.

      Se stai considerando questo percorso devi contattaci per una consulenza personalizzata: insieme possiamo portare la tua azienda o il tuo ente alla certificazione senza perdere tempo. Investire nella parità di genere significa investire nel futuro della tua azienda!

      Quando si parla di protezione dei dati personali e conformità al GDPR , spesso emergono dubbi riguardo a due strumenti fondamentali: la PIA (Privacy Impact Assessment) e la DPIA (Data Protection Impact Assessment) . Sebbene i due termini siano simili, la DPIA , specificamente prevista dal GDPR , è la versione formale e obbligatoria nel contesto europeo, mentre la PIA è un concetto più generico utilizzato in altre giurisdizioni per valutare i rischi alla privacy.

      Cos’è una PIA?

      La Privacy Impact Assessment (PIA) è una valutazione utilizzata per identificare e ridurre i rischi alla privacy derivanti dall’introduzione di nuovi progetti, sistemi o tecnologie. Si concentra sulla privacy degli individui coinvolti nel trattamento dei dati personali , assicurando che la protezione dei dati sia integrata sin dalle prime fasi del progetto, un concetto noto come Privacy by Design .

      La PIA è raccomandata quando un’organizzazione implementa un nuovo sistema informativo, introduce una tecnologia innovativa o intraprende attività che coinvolgono la raccolta o il trattamento di dati personali. Tuttavia, nel contesto europeo del GDPR , è più appropriato parlare di DPIA , che è obbligatorio in certi casi.

      Cos’è un DPIA?

      La Data Protection Impact Assessment (DPIA) è una valutazione obbligatoria prevista dal GDPR (Art. 35) quando un’attività di trattamento potrebbe comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà degli individui. A differenza della PIA, la DPIA è uno strumento strettamente legato alla conformità alla normativa europea sulla protezione dei dati.

      Una DPIA deve essere effettuata quando l’attività di trattamento include:

      • Trattamento su larga scala di dati sensibili (es. dati sanitari, biometrici o genetici).
      • Monitoraggio sistematico e regolare di individui su larga scala, ad esempio attraverso videosorveglianza o tecnologie di tracciamento.
      • Trattamenti automatizzati che comportano decisioni legali o significative per gli individui, come nel caso della profilazione.

      Le linee guida del WP29 (ora Comitato europeo per la protezione dei dati) e l’ Art. 35 del GDPR specificano queste circostanze. Se una DPIA rileva che un trattamento potrebbe comportare un rischio elevato e non vi sono misure adeguate per mitigare tali rischi, è obbligatorio consultare l’autorità di controllo, come il Garante per la protezione dei dati personali in Italia.

      Le principali differenze tra PIA e DPIA

      Sebbene entrambe le valutazioni siano strumenti cruciali per la gestione della privacy, la PIA si concentra sul concetto di Privacy by Design , integrando la protezione dei dati fin dalle prime fasi di progettazione di un nuovo sistema o processo. La DPIA , invece, è finalizzata a identificare i rischi specifici legati a un trattamento ea proporre misure di mitigazione per garantire la conformità al GDPR, in particolare per trattamenti che comportano un rischio elevato .

      Mentre una PIA può essere utilizzata su base volontaria per garantire una gestione ottimale dei dati, una DPIA è obbligatoria quando vengono intraprese operazioni di trattamento ad alto rischio, come definita dal GDPR.

      Vieni a Condurre una DPIA Efficace

      Per garantire che la tua azienda rimanga conforme al GDPR , è fondamentale seguire un processo strutturato quando si esegue una DPIA. Ecco i passaggi principali:

      1. Descrizione del trattamento : Identificare il trattamento dei dati, specificando la natura, la portata, il contesto e le finalità.
      2. Valutazione della necessità e proporzionalità : Assicurarsi che il trattamento sia necessario e proporzionato rispetto agli obiettivi.
      3. Identificazione dei rischi : Valutare i potenziali rischi per i diritti e le libertà delle persone coinvolte.
      4. Misure per mitigare i rischi : Proporre misure di sicurezza adeguate per ridurre al minimo i rischi identificazione.
      5. Consultazione del DPO e dell’autorità di controllo : Il DPO (Data Protection Officer) deve essere coinvolto durante la DPIA, come previsto dall’Art. 35 del GDPR. Se i rischi non possono essere mitigati, è necessario consultare l’autorità di controllo, come il Garante per la protezione dei dati personali .

      Quando Rivolgersi a un Esperto

      Sebbene molte aziende siano in grado di gestire internamente una DPIA, la complessità delle normative e delle tecnologie moderne rende spesso necessario il coinvolgimento di esperti di privacy e protezione dei dati. Affidarsi a un team specializzato garantisce una valutazione accurata e una conformità continua al GDPR, evitando così sanzioni e danni reputazionali.

      Concludendo

      In definitiva, sia la PIA che la DPIA sono strumenti essenziali per garantire la protezione dei dati personali e la conformità normativa. Tuttavia, è importante comprendere che, nel contesto europeo, è la DPIA l’elemento obbligatorio per i trattamenti ad alto rischio, come stabilito dal GDPR e sulla base delle ripetute indicazioni fornite dalle Autorità nazionali. La DPIA non è solo uno strumento utile per proteggere i dati personali, ma anche un requisito legale per evitare sanzioni significative e salvaguardare la reputazione aziendale.

      Se hai dubbi sulla necessità di condurre una DPIA o vuoi approfondire i rischi legati alla privacy nella tua azienda, FinData può aiutarti a garantire una gestione efficace e conforme dei dati personali.

      Le aziende che gestiscono dati personali e sensibili sono soggette a regole sempre più stringenti, soprattutto con l’avvento del GDPR . Una delle principali richieste è l’obbligo di condurre una Valutazione d’Impatto sulla Protezione dei Dati ( DPIA ), in particolare quando ci sono rischi elevati per i diritti e le libertà delle persone fisiche.

      Ma non tutte le organizzazioni sanno che è possibile unificare la DPIA per trattamenti simili, evitando duplicazioni e semplificando il processo di conformità. In questo articolo, ti spiegheremo quando sarà possibile utilizzare una singola DPIA per gestire trattamenti multipli e come FinData può aiutarti a ottimizzare la gestione della privacy dei tuoi dati.

      Cos’è la DPIA e perché è importante?

      La DPIA è uno strumento previsto dal GDPR per valutare e mitigare i rischi connessi al trattamento dei dati personali. È essenziale quando il trattamento coinvolge tecnologie avanzate come intelligenza artificiale , geolocalizzazione o videosorveglianza .

      Una DPIA ben condotta offre una panoramica dei rischi e delle misure che possono essere adottate per mitigarli. Per esempio, se la tua azienda utilizza sistemi di sorveglianza video o gestisce dati sanitari , una DPIA non solo ti aiuterà a essere conforme alla legge, ma ti fornirà una base per rafforzare la fiducia dei tuoi clienti, dimostrando che prendi sul serio la loro privacy .

      Quando puoi usare una singola DPIA per trattamenti simili?

      Il GDPR consente di utilizzare una singola DPIA quando i trattamenti di dati personali sono simili in termini di:

      • Natura del trattamento : ad esempio, quando utilizza la stessa tecnologia in diversi contesti aziendali.
      • Ambito di applicazione : come quando lo stesso tipo di dati viene raccolto da vari dipartimenti aziendali.
      • Finalità : se i trattamenti sono condotti per lo stesso scopo, come nel caso della sorveglianza in più stazioni ferroviarie.
      • Rischi e contesto : i trattamenti devono comportare rischi simili e avvenire in contesti comparabili.

      Un esempio concreto è quello di un gestore ferroviario che utilizza sistemi di videosorveglianza in diverse stazioni. Invece di effettuare una DPIA per ogni singola stazione, è possibile condurre una DPIA unica che copra tutte le strutture, purché gli obiettivi e i rischi siano omogenei.

      Collaborazione tra titolari del trattamento e contitolari

      Nel caso di contitolari del trattamento , cioè quando più soggetti gestiscono congiuntamente i dati, è fondamentale definire in modo chiaro le rispettive competenze. Anche in questo caso, una singola DPIA può essere utilizzata, a patto che ogni contitolare condivida le informazioni utili e che vengano adottate le misure necessarie per garantire che nessuna debolezza aziendale venga esposta.

      Non sempre serve una nuova DPIA

      Non tutte le situazioni richiedono una DPIA ex novo. Se hai già condotto una valutazione per un trattamento simile, ei rischi non sono cambiati, puoi fare riferimento alla DPIA precedenti , riducendo il carico burocratico e mantenendo la conformità.

      Quando è obbligatoria una DPIA?

      Una DPIA è obbligatoria quando:

      • Viene utilizzata una tecnologia nuova o sperimentale, come l’ intelligenza artificiale .
      • Il trattamento dei dati può avere rischi elevati per i diritti e la libertà delle persone.
      • C’è una significativa raccolta di dati sensibili come informazioni sanitarie, biometrie o geolocalizzazione.

      La consultazione preventiva con le autorità di controllo

      Se, nonostante le misure di mitigazione dei rischi, ci sono ancora rischi elevati residui , sarà necessario avviare una consultazione preventiva con l’autorità di controllo . Ciò permette di gestire al meglio i rischi e garantire che il trattamento sia conforme alla legge.

      Ottimizzare la DPIA: affidati agli esperti

      Condurre una DPIA efficace richiede competenze tecniche, legali e operative che non tutti i Titolari del Trattamento hanno in house. Noi di FinData possiamo aiutarti a:

      • Identificare quando è necessaria una DPIA.
      • Effettuare una singola DPIA per trattamenti molteplici simili, ottimizzando tempi e risorse.
      • Mitigare i rischi e garantire che la tua azienda sia pienamente conforme al GDPR.

      Contattaci senza esitazione e verificheremo insieme il modo migliore per supportare la tua organizzazione!

      Nel panorama odierno della protezione dei dati personali, Microsoft Recall rappresenta una delle nuove minacce più inquietanti alla sicurezza della tua privacy digitale. Se non gestito correttamente, questo software può esporre informazioni sensibili a rischi significativi, compromettendo la sicurezza non solo dei dati personali, ma dell’intero sistema informatico. In questo articolo, ti guideremo attraverso una panoramica di Microsoft Recall, illustrandoti perché rappresenta un rischio e come disabilitarlo in modo sicuro e definitivo per garantire che i tuoi dati siano sempre protetti.

      Che cos’è Microsoft Recall e perché preoccupa?

      Microsoft Recall è una funzionalità introdotta con gli ultimi aggiornamenti di Windows 11 che scatta screenshot automatici ogni cinque secondi di qualsiasi cosa tu stai facendo sul tuo computer. Questi screenshot vengono poi memorizzati in un database locale non crittografato, dove possono essere facilmente accessibili non solo da Microsoft stessa, ma da chiunque abbia accesso fisico al tuo dispositivo.

      La preoccupazione principale riguarda due aspetti critici:

      1. Privacy : Ogni schermata viene analizzata tramite algoritmi di intelligenza artificiale, estraendo testi e immagini che potrebbero contenere informazioni sensibili come dati bancari, email personali o documenti aziendali riservati.
      2. Sicurezza : Il database SQLite non crittografato in cui questi dati vengono salvati è un obiettivo vulnerabile per eventuali attacchi o accessi non autorizzati, che potrebbero facilmente sfruttare queste informazioni per scopi malevoli.

      Inoltre, molti utenti sono stati colti di sorpresa dall’installazione silenziosa di Recall sui propri dispositivi, rendendo la situazione ancora più allarmante per chi è attento alla protezione dei propri dati. Microsoft ha annunciato che Recall sarà inclusa nelle versioni dalla 24H2 in poi, e su dispositivi specifici (quali non è dato sapere al momento)

      Verifica se Microsoft Recall è installato sul tuo sistema

      Prima di procedere con la disabilitazione di Recall, è importante capire se questa funzionalità è attualmente attiva sul tuo computer. Microsoft ha reso questo processo complicato, nascondendo la presenza di Recall all’interno delle impostazioni di sistema e rendendo difficile disabilitarlo senza seguire una procedura specifica.

      Per verificare la presenza di Recall, seguire questi passaggi:

      1. Apri PowerShell come Amministratore : Clicca su Start, digita “PowerShell”, fai clic con il tasto destro e seleziona “Esegui come amministratore”.
      2. Inserisci il comando per verificare : Copia e incolla il seguente comando nella finestra di PowerShell per verificare se Recall è attivo: “Dism /Online /Get-Featureinfo /Featurename:Recall”
      3. Valuta il risultato : Se Recall è attivo, vedrai un messaggio che conferma la sua presenza sul sistema.

      I rischi della disabilitazione non corretta

      Uno degli aspetti più problematici di Microsoft Recall è che, se disabilitato nel modo sbagliato, può causare gravi problemi al sistema operativo. Disattivare Recall senza seguire la procedura corretta può causare crash l’app “Esplora File” , blocchi del sistema e malfunzionamenti generali, come la perdita della modalità scura o l’inaccessibilità di alcune funzionalità di navigazione tra i file.

      Pertanto, è essenziale seguire attentamente i passaggi giusti per evitare di compromettere il corretto funzionamento del computer.

      Come disabilitare Microsoft Recall in modo sicuro

      Ecco i passaggi per disabilitare Recall in modo sicuro e definitivo senza compromettere le funzionalità del sistema:

      1. Verifica la presenza di Recall : Utilizza il comando indicato sopra per confermare se Recall è attivo sul tuo computer.
      2. Disabilita Recall : Se Recall è presente, puoi procedere con la sua disattivazione utilizzando il seguente comando in PowerShell: “Dism /Online /Disable-Feature /Featurename:Recall”
      3. Riavvia il sistema : alcuni utenti potrebbero dover riavviare il computer per completare la disattivazione. Questo passaggio è necessario affinché i cambiamenti abbiano effetto.

      Un’alternativa manuale (se il metodo automatico fallisce)

      In alcuni casi, potresti non essere in grado di disattivare Recall tramite PowerShell. In tal caso, puoi cercare il file di configurazione di Recall manualmente e seguire questi ulteriori passaggi per rimuovere l’applicazione dal sistema:

      1. Apri le impostazioni di Windows : Vai su Impostazioni > Privacy e Sicurezza .
      2. Trova Recall : Dovresti trovare l’opzione “Recall” all’interno delle impostazioni. Prova, in caso, a cercare anche “Richiamo”. Se presente, disabilita questa funzionalità.
      3. Elimina i dati memorizzati : dopo aver disabilitato Recall, ti consigliamo di eliminare il database non crittografato che contiene i dati memorizzati. Cerca il file SQLite che memorizza gli screenshot e cancellalo.

      Se hai difficoltà a completare questa procedura o il file non risulta disattivabile, contatta un professionista della protezione dei dati per risolvere il problema in modo sicuro e senza compromettere la stabilità del tuo sistema.

      Conclusioni

      Microsoft Recall è una funzionalità invasiva che può compromettere seriamente la privacy e la sicurezza dei tuoi dati. Fortunatamente, ci sono metodi sicuri e affidabili per disattivarla e proteggere le tue informazioni sensibili. La protezione dei dati non è solo una questione di conformità alle normative come il GDPR, ma anche una pratica fondamentale per garantire la sicurezza delle informazioni personali e aziendali.

      Se ti trovi in ​​difficoltà nel disabilitare Microsoft Recall o hai dubbi sulla sicurezza del tuo sistema, contatta subito FinData . Il nostro team di esperti è pronto ad assisterti con soluzioni personalizzate per la protezione dei tuoi dati personali e aziendali. Non aspettare che sia troppo tardi: proteggi i tuoi dati oggi!

      PS: nel caso volessi riabilitare Recall, eccoti la stringa da usare: “Dism /Online /Enable-Feature /Featurename:Recall”

      Il mondo digitale offre enormi opportunità, ma anche numerose sfide, soprattutto per le giovani generazioni. I ragazzi di oggi sono nativi digitali, immersi in una realtà virtuale in cui condividere informazioni personali, foto e video e all’ordine del giorno. Tuttavia, la facilità con cui navigare nel mondo online non è sempre accompagnata da una consapevolezza adeguata su come proteggere i propri dati personali.

      Insegnare ai giovani l’uso sostenibile e consapevole dei dati è diventato non solo un compito essenziale, ma anche una priorità. Con l’aumento delle tecnologie digitali, il confine tra la vita reale e quella virtuale si è assottigliato, e questo implica una maggiore responsabilità nel modo in cui i dati vengono gestiti e condivisi.

      Ma perché è così importante insegnare ai giovani a proteggere i loro dati? E quali sono le conseguenze di un uso irresponsabile dei dati personali?

      L’importanza di un’educazione digitale orientata alla privacy

      La privacy è un diritto fondamentale, ma per molti giovani non è chiaro cosa significhi realmente. Quando interagiscono sui social media o utilizzano app e giochi online, spesso non si rendono conto che stanno condividendo dati personali con piattaforme che potrebbero usarli per scopi commerciali, profilazione o, nei peggiori casi, per attività fraudolente.

      Insegnare ai ragazzi l’importanza della privacy significa dare loro gli strumenti per gestire i loro dati in modo consapevole. Questo include:

      • Comprendere cosa sono i dati personali : molti giovani non hanno una chiara comprensione di quali informazioni costituiscono dati personali e di quanto queste informazioni possono essere preziose. È importante spiegare loro che dati come il nome, l’indirizzo, le foto oi dati relativi alla posizione geografica possono essere utilizzati per creare profili dettagliati.
      • Essere consapevoli delle impostazioni di privacy : la maggior parte delle piattaforme social e delle app offre impostazioni di privacy che consentono di limitare chi può vedere e accedere ai dati personali. Tuttavia, molti ragazzi non sono consapevoli di queste opzioni o non le utilizzano in modo efficace. Insegnare loro come configurare correttamente le impostazioni di privacy è fondamentale per proteggere la loro identità online.
      • Capire i rischi della condivisione eccessiva : una delle tendenze più diffuse tra i giovani è quella di condividere dettagli intimi della propria vita quotidiana sui social media. Questo comportamento può sviluppare rischi significativi, come il furto d’identità, il cyberbullismo o persino l’adescamento online. La consapevolezza dei rischi legati alla condivisione eccessiva è essenziale per prevenire situazioni pericolose.

      I rischi di un uso inconsapevole dei dati

      L’uso inconsapevole dei dati personali può portare una serie di conseguenze negative, soprattutto per i giovani. Tra i rischi più comuni troviamo:

      • Furto d’identità : i giovani sono particolarmente vulnerabili al furto d’identità, poiché spesso non adottano misure di protezione adeguate per i loro account online. Un criminale che ottiene accesso ai loro dati personali può utilizzarli per scopi fraudolenti, come l’apertura di conti bancari o l’acquisto di beni a nome della vittima.
      • Profilazione e utilizzo : molte piattaforme online utilizzano i dati personali per creare profili degli utenti e indirizzare la loro pubblicità mirata. I giovani possono essere influenzati da queste pratiche senza renderesene conto, esponendosi a manipolazioni commerciali o politiche.
      • Cyberbullismo e adescamento online : la condivisione pubblica di informazioni personali può esporre i giovani a fenomeni di cyberbullismo o adescamento online. Condividere foto, video o dettagli personali può attirare l’attenzione di malintenzionati che potrebbero sfruttare queste informazioni per fare del maschio.

      Il ruolo delle scuole e delle famiglie nell’educazione digitale

      Le scuole e le famiglie giocano un ruolo cruciale nell’educazione digitale dei giovani. È essenziale che i genitori siano coinvolti nel monitorare l’uso che i figli fanno delle tecnologie digitali, insegnando loro l’importanza della privacy e della sicurezza online. Tuttavia, molte famiglie non hanno le conoscenze necessarie per educare i figli su questi temi, e questo rende ancora più importante il ruolo delle istituzioni scolastiche.

      Nelle scuole, l’ educazione digitale dovrebbe diventare una materia prioritaria, in cui i ragazzi imparano non solo come usare le tecnologie, ma anche come farlo in modo sicuro e responsabile. Questo include:

      • Corsi sulla protezione dei dati personali : le scuole possono organizzare corsi specifici per insegnare ai giovani come proteggere i propri dati, riconoscere i rischi online e utilizzare in modo consapevole le piattaforme digitali.
      • Simulazioni di scenari online : le simulazioni sono un ottimo strumento per aiutare i ragazzi a comprendere le conseguenze delle loro azioni online. Ad esempio, possono essere coinvolti in attività che simulano situazioni di phishing o furto di dati, per imparare a riconoscere i segnali di pericolo.
      • Coinvolgimento di esperti : invitare esperti di privacy e sicurezza digitale nelle scuole può offrire ai ragazzi una visione più chiara e professionale dei rischi legati all’uso inconsapevole dei dati e delle migliori pratiche per proteggersi.

      Il ruolo delle piattaforme online: più verso responsabilità i giovani utenti

      Se da un lato è importante che i giovani siano educati a un uso consapevole dei propri dati, dall’altro le piattaforme online devono assumersi una maggiore responsabilità nel proteggere i loro utenti più giovani. In molti casi, le piattaforme non forniscono informazioni sufficientemente chiare su come i dati vengono trattati e su come i ragazzi possono proteggersi.

      Le aziende tecnologiche devono impegnarsi a:

      • Implementare controlli di età efficaci : molte piattaforme consentono ai minori di accedere ai servizi semplicemente dichiarando un’età superiore a quella reale. I sistemi di verifica dell’età più robusti potrebbero impedire l’accesso a minori non autorizzati.
      • Offrire strumenti di protezione avanzati : le piattaforme dovrebbero fornire strumenti semplici e intuitivi per gestire la privacy dei dati, in modo che anche i giovani utenti possano utilizzarli facilmente.
      • Educare i giovani utenti : le piattaforme possono giocare un ruolo attivo nell’educare i loro giovani utenti, fornendo tutorial, video informativi o altre risorse che spiegano l’importanza della privacy e come proteggere i propri dati online.

      La necessità di un cambiamento culturale

      Insegnare ai giovani l’uso sostenibile e consapevole dei loro dati non è solo una questione tecnica, ma richiede un vero e proprio cambiamento culturale. Devono imparare a vedere la privacy come un diritto da difendere e a utilizzare gli strumenti a loro disposizione per proteggere le informazioni personali.

      In un mondo in cui la tecnologia digitale è in continua evoluzione, il rischio è che i giovani diventino vittime inconsapevoli di un sistema che utilizza i loro dati per scopi commerciali, manipolativi o addirittura criminali. Educare alla protezione dei dati è la chiave per prepararli a un futuro in cui la sicurezza digitale sarà sempre più centrale.

      Se vuoi saperne di più su come proteggere i dati personali dei giovani e garantire un uso sicuro delle tecnologie digitali, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.


      Nel mondo digitale moderno, i backup rappresentano una delle misure di sicurezza più fondamentali per la protezione dei dati. Le organizzazioni, pubbliche e private, grandi o piccole che siano, ormai hanno compreso l’importanza di implementare di sistemi di backup per prevenire la perdita di dati causata da guasti hardware, attacchi informatici, errori umani o disastri naturali. Tuttavia, spesso ci si affida “ciecamente” a questi sistemi, senza considerare che un backup inefficace o incompleto può rivelarsi tanto dannoso quanto l’assenza di backup.

      Perché un backup è inutile senza una verifica costante?

      La maggior parte delle aziende e delle organizzazioni effettua backup regolari dei propri dati, convinte che questo sia sufficiente per garantire la protezione delle informazioni. Tuttavia, un backup non verificato non è altro che un atto di fiducia, e la fiducia, nel campo della sicurezza informatica, non basta. Ci sono numerosi motivi per cui un backup potrebbe non funzionare come previsto:

      • Errori durante il processo di backup : durante il trasferimento dei dati, possono verificarsi errori che rendono il backup incompleto o corrotto.

      • Problemi di compatibilità : i sistemi di backup devono essere compatibili con l’hardware e il software utilizzato. Un aggiornamento non compatibile potrebbe causare l’impossibilità di ripristinare i dati.

      • Malfunzionamenti del supporto di archiviazione : i dispositivi utilizzati per memorizzare i backup, come server, dischi rigidi o sistemi cloud, possono guastarsi o essere danneggiati senza che ce ne accorgiamo.

      • Errori umani : la configurazione errata dei backup, l’omissione di file importanti o la dimenticanza di eseguire operazioni regolari possono compromettere seriamente l’efficacia del backup.

      Senza un processo di verifica regolare, questi problemi possono rimanere nascosti fino al momento in cui è troppo tardi, ovvero quando si ha bisogno di ripristinare i dati e si scopre che il backup non è utilizzabile.

      Le migliori pratiche per verificare i backup

      Per garantire che i backup siano sempre efficaci, è essenziale adottare una serie di procedure di verifica . Ecco alcune delle migliori pratiche per assicurarsi che le operazioni di backup funzionino correttamente:

      • Test regolare dei backup : non basta eseguire i backup. È importante effettuare test regolari per verificare che i dati possano essere ripristinati correttamente. Questo processo dovrebbe essere pianificato a intervalli regolari, ad esempio mensilmente o trimestralmente, a seconda della criticità dei dati.
      • Verifiche di integrità dei dati : una delle principali cause di backup inutilizzabili è la corruzione dei dati. È fondamentale verificare l’integrità dei dati durante e dopo il processo di backup, per assicurarsi che non siano stati corrotti o danneggiati.
      • Automatizzazione dei controlli : molte soluzioni di backup moderne offrono funzionalità di automazione che consentono di eseguire verifiche e test in modo automatico. Automatizzare questi controlli riduce il rischio di errore umano e garantisce che le verifiche vengano effettuate regolarmente senza interruzioni.
      • Diversificazione dei supporti di backup : non fare affidamento su un solo tipo di supporto di archiviazione. Utilizzare una combinazione di backup locale (dischi rigidi, NAS) e backup su cloud offre un livello di ridondanza maggiore e riduce il rischio di perdita totale dei dati in caso di guasti hardware.
      • Conservazione di versioni multiple del backup : per evitare che un singolo backup corrotto comprometta il ripristino dei dati, è utile conservare più versioni storiche dei backup. In questo modo, se l’ultima versione è compromessa, è possibile recuperare una versione precedente ancora valida.
      • Procedura di disaster recovery : il backup è solo una parte del processo. Le aziende devono avere un piano di disaster recovery ben definito, che include tempi di ripristino, responsabilità e azioni da intraprendere in caso di guasti o perdite di dati.

      Backup e sicurezza: la protezione dai cyber attacchi

      In un’epoca in cui gli attacchi informatici, come i ransomware, sono sempre più frequenti, la protezione dei backup assume un’importanza ancora maggiore. Un attacco ransomware, ad esempio, potrebbe cifrare tutti i dati aziendali e bloccarne l’accesso. In questi casi, l’unica soluzione per ripristinare i dati senza pagare il riscatto è avere un backup sicuro e aggiornato.

      Tuttavia, molti cybercriminali puntano direttamente ai backup, cercando di comprometterli per impedire alle vittime di ripristinare i dati. Ecco perché è essenziale che i backup siano protetti da misure di sicurezza adeguate:

      • Crittografia dei backup : tutti i backup, soprattutto quelli memorizzati nel cloud, dovrebbero essere crittografati. Questo assicura che, anche se i dati vengono intercettati o sottratti, non possono essere lasciati senza la chiave di decrittazione.
      • Isolamento dei backup : per prevenire che un attacco comprometta sia i dati operativi che il backup, è consigliabile isolare i backup dai sistemi di produzione. Ad esempio, i backup su cloud dovrebbero essere memorizzati in server separati e inaccessibili dalla rete aziendale principale.
      • Backup immutabili : alcuni sistemi di backup offrono la possibilità di creare versioni immutabili, che non possono essere modificate o cancellate. Questo è particolarmente utile in caso di attacchi informatici, poiché garantisce che i dati di backup rimangano intatti.

      Le conseguenze di un backup inefficace

      L’importanza dei backup diventa chiara solo quando i dati vengono persi. Senza un backup efficace, la perdita di dati può avere conseguenze devastanti per un’azienda:

      • Interruzione delle operazioni : la perdita di dati critici può causare l’interruzione delle attività aziendali, con conseguenti danni economici e perdita di fiducia da parte dei clienti.
      • Danni alla reputazione : le aziende che subiscono violazioni o perdite di dati rischiano di subire gravi danni alla propria immagine. La fiducia dei clienti e dei partner può essere difficile da recuperare una volta compromessa.
      • Sanzioni per violazione del GDPR : in caso di perdita di dati personali, le aziende potrebbero essere soggette a sanzioni in base al GDPR . Il regolamento impone che i dati personali siano protetti in modo adeguato, e la mancata adozione di misure di backup efficaci può essere considerata una violazione.

      Ricorda: il backup è solo l’inizio

      Le operazioni di backup sono una componente essenziale della sicurezza dei dati, ma senza un processo di verifica costante, possono diventare inutili. Le aziende devono adottare un approccio proattivo e una procedura di verifica per garantire che i dati possano essere ripristinati implementati in modo sicuro e tempestivo quando necessario.

      Se la tua azienda desidera migliorare la protezione dei dati e assicurarsi che i propri backup siano efficaci, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata e un’analisi dettagliata delle tue soluzioni di backup.

      Il 4 ottobre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza significativa nella causa C-621/22, che ha chiarito l’uso del legittimo interesse come base giuridica per il trattamento dei dati personali. In particolare, la Corte ha stabilito che un’associazione sportiva non può trasmettere i dati personali dei propri tesserati a una società di gioco d’azzardo, neppure invocando il legittimo interesse. Questo verdetto ha importanti implicazioni per le aziende e le organizzazioni che utilizzano questa base giuridica per il trattamento dei dati.

      Ma cosa si intende per legittimo interesse? E perché in questo caso non è stato considerato una giustificazione valida per il trattamento dei dati?

      Il legittimo interesse nel GDPR: un principio spesso frainteso

      Il legittimo interesse è una delle basi giuridiche previste dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) per il trattamento dei dati personali. A differenza del consenso esplicito, che richiede un’autorizzazione chiara e specifica da parte dell’interessato, il legittimo interesse permette al titolare del trattamento di utilizzare i dati personali senza il consenso, purché ci sia un interesse legittimo a farlo e a condizione che i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato non siano prevalenti.

      Il legittimo interesse viene spesso invocato per giustificare il trattamento dei dati personali in situazioni in cui l’uso dei dati è considerato necessario per il funzionamento dell’organizzazione o per garantire vantaggi legittimi a entrambe le parti, come nel caso di una relazione commerciale consolidata.

      Tuttavia, questa base giuridica non può essere utilizzata in modo indiscriminato. Il GDPR richiede una valutazione rigorosa per determinare se l’interesse del titolare del trattamento sia davvero legittimo e se non prevalgano i diritti fondamentali dell’interessato.

      Il caso specifico: l’associazione sportiva e la società di gioco d’azzardo

      Nel caso in questione, un’associazione sportiva aveva trasmesso i dati personali dei propri tesserati a una società di gioco d’azzardo, giustificando tale operazione invocando il legittimo interesse. Secondo l’associazione, la trasmissione dei dati avrebbe permesso alla società di gioco di inviare offerte promozionali ai tesserati, beneficiando entrambi: la società avrebbe potuto incrementare i propri clienti, mentre l’associazione avrebbe ottenuto sponsorizzazioni o contributi finanziari.

      Tuttavia, la Corte di Giustizia dell’UE ha stabilito che questo tipo di trattamento non può essere giustificato dal legittimo interesse. Il motivo principale è che la trasmissione dei dati personali a una società di gioco d’azzardo non può essere considerata un interesse legittimo superiore rispetto al diritto dei tesserati alla protezione dei propri dati e alla privacy.

      In particolare, la Corte ha evidenziato che il trattamento dei dati personali per finalità di marketing diretto richiede una maggiore protezione, soprattutto quando riguarda attività potenzialmente dannose, come il gioco d’azzardo. Le persone coinvolte potrebbero non essere consapevoli dell’uso che se fa dei loro dati, né aver prestato consenso esplicito a ricevere comunicazioni promozionali da società che non sono direttamente legate all’associazione.

      Le implicazioni della sentenza: limiti al legittimo interesse

      Questa sentenza ha importanti ripercussioni per tutte le organizzazioni che trattano dati personali, soprattutto quando si tratta di trasmettere tali dati a terze parti. La Corte ha ribadito che il legittimo interesse non può essere invocato in modo automatico o superficiale, ma deve essere supportato da una solida valutazione di impatto.

      Alcuni aspetti fondamentali da considerare, alla luce di questa sentenza, includono:

      • Trasparenza : le organizzazioni devono essere trasparenti riguardo alle finalità del trattamento dei dati e devono informare chiaramente gli interessati su come verranno utilizzati i loro dati. Nel caso in questione, i tesserati non erano stati informati della trasmissione dei loro dati a una società di gioco d’azzardo.
      • Valutazione degli interessi in gioco : il titolare del trattamento deve dimostrare che il proprio legittimo interesse supera i diritti e le libertà fondamentali degli interessati. Questo è particolarmente importante quando il trattamento dei dati coinvolge attività sensibili, come il marketing diretto o la condivisione dei dati con terze parti.
      • Rispetto del consenso : quando il trattamento dei dati personali è particolarmente invasivo, come nel caso del marketing diretto, è essenziale ottenere il consenso esplicito dell’interessato. Il legittimo interesse non può essere utilizzato come scappatoia per aggirare il consenso.

      Legittimo interesse e marketing diretto: una zona grigia?

      Il marketing diretto è una delle aree in cui il legittimo interesse viene più spesso invocato dalle aziende. Tuttavia, questa sentenza dimostra che la linea tra ciò che è considerato legittimo e ciò che viola i diritti degli interessati è molto sottile. Il marketing, soprattutto se collegato a settori delicati come il gioco d’azzardo, deve essere trattato con estrema cautela.

      Un errore comune delle aziende è considerare il legittimo interesse come una base giuridica “universale”, valida in ogni situazione. In realtà, il GDPR richiede una valutazione caso per caso, che tiene conto delle specifiche circostanze del trattamento e dell’impatto sui diritti degli interessati.

      Come le organizzazioni possono evitare violazioni

      Per evitare sanzioni e garantire che il trattamento dei dati personali sia conforme al GDPR, le organizzazioni devono adottare un approccio proattivo e attento nella gestione dei dati. Ecco alcune raccomandazioni:

      • Effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) : per qualsiasi trattamento che comporti rischi significativi per i diritti e le libertà degli interessati, è fondamentale condurre una DPIA. Questo processo aiuta a identificare i potenziali rischi e le misure implementate per mitigarli.
      • Documentare la base giuridica per ogni trattamento : le organizzazioni devono essere in grado di dimostrare chiaramente quale base giuridica stanno utilizzando per il trattamento dei dati. In caso di dubbio, è consigliabile ottenere il consenso esplicito piuttosto che fare affidamento sul legittimo interesse.
      • Formare il personale sulla protezione dei dati : la conformità al GDPR richiede che tutto il personale sia adeguatamente formato e consapevole delle responsabilità legali legate al trattamento dei dati. Questo è particolarmente importante nelle aree che riguardano il marketing e la gestione delle relazioni con i clienti.

      Il legittimo interesse non è sempre la soluzione

      La sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nella causa C-621/22 chiarisce che il legittimo interesse non può essere utilizzato in modo indiscriminato per giustificare il trattamento dei dati personali. In particolare, quando il trattamento riguarda finalità di marketing o la trasmissione dei dati a terze parti, le organizzazioni devono essere estremamente caute e rispettare rigorosamente i principi di trasparenza e consenso.

      Per le aziende, è essenziale comprendere che il rispetto del GDPR non è solo una questione di evitare sanzioni, ma anche di costruire fiducia con i clienti e di garantire che i loro diritti siano sempre protetti.

      Se vuoi garantire che la tua azienda pienamente rispetti il ​​GDPR e utilizzi correttamente il giusto interesse come base giuridica, contatta il nostro team di esperti per una consulenza approfondita.


      Nel settembre 2024, la Commissione irlandese per la protezione dei dati (Data Protection Commission, DPC) ha imposto una multa salatissima a Meta, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp, per una grave violazione della privacy degli utenti: l’archiviazione “ in chiaro” delle password di milioni di account. Questo incidente ha sollevato nuovamente interrogativi sulla sicurezza delle piattaforme digitali e su come vengono trattati i dati personali degli utenti.

      Il caso ha attirato l’attenzione globale, poiché riguarda uno degli attori principali del mondo tecnologico. Ma cosa significa esattamente “archiviare le password in chiaro”? E quali sono le implicazioni di questa pratica?

      Cosa significa “password archiviate in chiaro”?

      Quando utilizziamo un servizio online e creiamo una password, ci aspettiamo che venga trattata con il massimo livello di sicurezza. Normalmente, le password devono essere criptate, il che significa che vengono trasformate in una sequenza incomprensibile di caratteri, rendendole illeggibili anche se vengono intercettate o sottratte.

      Archiviare una password in chiaro , invece, significa conservarla nel suo formato originale, senza alcuna crittografia o protezione. Questo implica che chiunque abbia accesso ai sistemi interni dell’azienda, o un eventuale hacker che riesca a penetrare nei server, possa visualizzare e utilizzare quelle password direttamente. Si tratta di una grave falla nella sicurezza, poiché espone i dati sensibili degli utenti a potenziali attacchi informatici.

      Cosa è successo esattamente?

      Secondo il comunicato rilasciato dalla DPC irlandese, Meta ha archiviato in chiaro le password di milioni di utenti per un periodo prolungato, senza che questi ne fossero a conoscenza. Questa pratica, a quanto sembra, è stata “inavvertita”, ma ciò non esime l’azienda dalle sue responsabilità legali. Meta avrebbe dovuto implementare misure di sicurezza adeguate per proteggere le credenziali dei suoi utenti e, soprattutto, avrebbe dovuto informare gli utenti della violazione non appena scoperta.

      La Commissione irlandese, dopo un’indagine durata cinque anni, ha stabilito che questa pratica ha violato le disposizioni del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), che impone standard elevati per la protezione dei dati personali, comprese le password. In particolare, il GDPR richiede che i dati siano trattati in modo sicuro e che le organizzazioni adottino misure tecniche e organizzative adeguate per garantire la sicurezza dei dati.

      Le conseguenze per Meta: una multa da 91 milioni di euro

      La multa di 91 milioni di euro rappresenta una delle sanzioni più elevate imposte alla società in relazione alla protezione dei dati. La decisione della DPC irlandese dimostra quanto le autorità europee siano sempre più rigide nel far rispettare il GDPR, soprattutto quando si tratta di giganti tecnologici come Meta.

      Oltre alla multa, Meta è stata costretta a implementare nuove misure di sicurezza per evitare che simili incidenti si ripetano in futuro. La società ha anche dovuto notificare la violazione a tutti gli utenti coinvolti, informandoli del rischio e suggerendo di cambiare la password.

      Implicazioni per gli utenti: cosa fare per proteggere la propria password

      Per gli utenti, il caso Meta è un campanello d’allarme sull’importanza di adottare buone pratiche per la protezione delle proprie password. Ecco alcuni consigli essenziali per proteggere le tue credenziali:

      • Utilizza password complesse e uniche : evita di utilizzare la stessa password per più account. Se una password viene compromessa, gli hacker potrebbero avere accesso a tutti i tuoi account.
      • Abilita l’autenticazione a due fattori (2FA) : questa misura aggiunge un ulteriore livello di sicurezza. Anche se un hacker riesce a ottenere la tua password, non potrà accedere al tuo account senza il secondo fattore di autenticazione.
      • Cambiare le password regolarmente : anche se è un’operazione noiosa, cambiare regolarmente le password riduce il rischio di essere vittima di un attacco informatico.
      • Usa un password manager : questi strumenti ti aiutano a gestire password complesse ea memorizzarle in modo sicuro, senza doverle ricordare tutte a memoria.

      Il ruolo delle aziende nella protezione delle credenziali

      Le aziende che trattano dati personali, in particolare le credenziali di accesso, hanno una responsabilità enorme nel garantire la loro protezione. La sicurezza delle password non può essere un’opzione, ma deve essere una priorità assoluta per qualsiasi organizzazione.

      Oltre alla crittografia delle password, le aziende dovrebbero:

      • Implementare il salting e l’hashing delle password : queste tecniche rendono le password ancora più sicure, anche nel caso in cui vengono rubate.
      • Effettuare controlli di sicurezza periodici : le aziende devono testare regolarmente i propri sistemi di sicurezza per individuare e correggere eventuali carenze.
      • Formare il personale sulla sicurezza informatica : molte violazioni di sicurezza avvengono a causa di errori umani. Formare il personale è essenziale per evitare che la password o altri dati sensibili vengano esposti accidentalmente.

      GDPR e sicurezza: la lezione di Meta

      Il caso Meta sottolinea l’importanza del GDPR nel garantire la protezione dei dati personali. Il regolamento impone standard elevati che non possono essere trascurati, anche da giganti tecnologici come Meta. La lezione da trarre è chiara: la protezione dei dati personali non può essere considerata un semplice adempimento burocratico, ma deve essere integrata in tutte le operazioni aziendali.

      La sanzione dimostra che le autorità europee sono pronte a intervenire duramente quando le aziende non rispettano i requisiti del GDPR. Questo caso deve servire da esempio per tutte le altre aziende che trattano dati personali: non si tratta solo di evitare multe, ma di garantire che i dati degli utenti siano sempre protetti al massimo livello possibile.

      Conclusioni: un passo necessario verso la sicurezza digitale

      Il caso di Meta mette in evidenza quanto sia fragile la sicurezza delle nostre informazioni personali nel mondo digitale. Le password, in particolare, sono uno dei bersagli preferiti dai criminali informatici, ed è fondamentale che sia le aziende sia gli utenti facciano la loro parte per proteggere questi dati sensibili.

      Le piattaforme digitali devono adottare tutte le misure necessarie per garantire che le password non siano mai archiviate in chiaro e che i dati personali siano sempre protetti da crittografia e altre misure di sicurezza avanzate.

      Per gli utenti, invece, è essenziale essere proattivi nella protezione delle proprie credenziali, adottando password forti, cambiandole regolarmente e abilitando l’autenticazione a due fattori.

      Se vuoi assicurarti che la tua azienda sia conforme alle normative del GDPR e proteggere i dati dei tuoi utenti in modo efficace, contatta subito il nostro team di esperti per una consulenza dedicata.


      TikTok, una delle piattaforme social più popolari al mondo, è di nuovo sotto i riflettori, questa volta per una pesante multa di 3,5 milioni di euro inflitta dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali di San Marino. Il provvedimento, emesso il 4 luglio 2024 e recentemente pubblicato, sottolinea le preoccupazioni persistenti riguardo alla tutela della privacy degli utenti più giovani e alla trasparenza nel trattamento dei dati personali.

      Ma cosa ha portato a questa sanzione? E quali sono le implicazioni per la piattaforma e per i suoi milioni di utenti?

      Il contesto della sanzione: protezione dei minori e trasparenza

      Il cuore del provvedimento riguarda una questione particolarmente delicata: la protezione dei minori. TikTok è una piattaforma utilizzata in modo massiccio da giovani e adolescenti, e questo rende ancora più cruciale la necessità di adottare misure adeguate per garantire che i loro dati personali siano trattati in modo conforme alle normative europee, come il GDPR.

      In particolare, l’Autorità di San Marino ha multato TikTok per non aver verificato in modo adeguate le dichiarazioni sull’età degli utenti al momento dell’iscrizione. Il GDPR pubblica che il trattamento dei dati personali dei minori richiede un livello di protezione più elevato e il consenso esplicito dei genitori o dei tutori per i minori di 14 anni (in Italia) o di 13 anni (in altri Paesi dell’UE). Secondo il Garante sammarinese, TikTok non ha applicato controlli sufficienti per garantire che gli utenti che dichiaravano di avere almeno l’età minima richiesta fossero effettivamente maggiorenni.

      Questa mancanza di verifiche ha consentito a molti minori di iscriversi e utilizzare la piattaforma senza la necessaria supervisione, esponendoli a potenziali rischi per la privacy e la sicurezza online.

      Perché la verifica dell’età è così importante?

      La verifica dell’età non è una formalità burocratica, ma un passaggio essenziale per garantire la sicurezza dei minori online. Quando un minore accede a una piattaforma come TikTok, potrebbe non essere pienamente consapevole delle implicazioni della condivisione di informazioni personali o della visibilità pubblica dei contenuti che pubblica. La piattaforma stessa ha il dovere di proteggere questi utenti da contenuti inappropriati, pubblicità mirata e potenziali sfruttamenti da parte di terzi.

      Inoltre, la raccolta e l’elaborazione dei dati personali di utenti minorenni richiedono una maggiore attenzione, in conformità con il GDPR. Questo include la necessità di ottenere il consenso esplicito dei genitori o tutori legali e di fornire informazioni chiare e comprensibili su come i dati vengono trattati.

      Le critiche emergono nel caso di TikTok

      Il Garante della privacy di San Marino ha evidenziato diverse aree critiche nella gestione della privacy da parte di TikTok. Tra le principali preoccupazioni ci sono:

      • Mancanza di verifiche efficaci sull’età degli utenti : TikTok si è affidato principalmente alla semplice dichiarazione dell’utente al momento della registrazione, senza implementare misure aggiuntive per verificare che gli utenti abbiano effettivamente l’età dichiarata. Questo ha permesso a molti minori di registrarsi e accedere ai contenuti senza il controllo dei genitori.
      • Insufficiente trasparenza nelle informazioni : Il Garante ha rilevato che TikTok non ha fornito informazioni chiare e comprensibili sull’uso dei dati personali, specialmente per un pubblico giovane. Le informazioni relative alla raccolta, all’utilizzo e alla condivisione dei dati devono essere facilmente accessibili e comprensibili anche da utenti con minori competenze digitali.
      • Esposizione dei minori a rischi online : La mancanza di controlli sull’età ha esposto molti minori a contenuti inappropriati e potenziali rischi derivanti dall’interazione con sconosciuti, nonché pratiche di marketing mirate che potrebbero sfruttare la loro vulnerabilità.

      Le implicazioni della sanzione per TikTok e per gli utenti

      Questa sanzione rappresenta un altro colpo alla reputazione di TikTok, che già in passato è stata al centro di controversie legate alla protezione dei dati e alla privacy dei minori. Sebbene TikTok abbia annunciato in diverse occasioni l’adozione di nuove misure per migliorare la sicurezza della piattaforma, questa sanzione evidenzia come ci siano ancora lacune significative da colmare.

      Per TikTok, questo significa dover affrontare non solo il pagamento della multa, ma anche la necessità di rivedere e migliorare i propri sistemi di verifica dell’età e la trasparenza nel trattamento dei dati personali. La piattaforma potrebbe essere costretta a implementare misure più rigorose per garantire che i minori non possano accedere ai contenuti senza la supervisione richiesta dalla legge.

      Per gli utenti, in particolare i genitori, questo caso evidenzia l’importanza di monitorare l’utilizzo delle piattaforme da parte dei figli e di prestare attenzione alle impostazioni di privacy e sicurezza. Anche se molte piattaforme offrono opzioni per limitare l’accesso ai contenuti o per bloccare determinate funzionalità, è fondamentale che i genitori siano attivamente coinvolti nel processo.

      Le lezioni da imparare: proteggere i minori online

      Il caso di TikTok solleva domande importanti su come proteggere i minori nel contesto digitale. Le piattaforme sociali devono fare di più per garantire che i minori siano adeguatamente protetti e che i loro dati non siano trattati senza il necessario consenso. Tuttavia, anche i genitori e le autorità hanno un ruolo cruciale nel monitorare e regolamentare l’uso delle tecnologie digitali da parte dei minori.

      Ecco alcune raccomandazioni chiave per migliorare la protezione dei minori online:

      • Verifica dell’età : le piattaforme implementate dovrebbero metodi di verifica dell’età più robusti, come l’utilizzo di documenti d’identità o sistemi di verifica biometrica. Questo garantiscebbe che solo gli utenti che hanno raggiunto l’età minima possono accedere alla piattaforma.
      • Trasparenza e consapevolezza : le aziende devono fornire informazioni chiare e facilmente comprensibili sull’uso dei dati personali, soprattutto per i minori. Devono essere trasparenti su come i dati vengono raccolti, utilizzati e condivisi.
      • Coinvolgimento dei genitori : i genitori devono essere coinvolti attivamente nella supervisione dell’attività online dei loro figli, utilizzando strumenti di parental control e discutendo apertamente dei rischi legati all’uso delle piattaforme social.

      Verso una maggiore sicurezza

      La sanzione inflitta a TikTok dal Garante della privacy di San Marino è un segnale importante per tutte le piattaforme digitali: la protezione dei minori non può essere trascurata. È essenziale che le piattaforme sociali adottino misure rigorose per garantire che i minori non siano esposti a rischi e che i loro dati siano trattati in modo conforme alle normative vigenti.

      Allo stesso tempo, è importante che gli utenti, in particolare i genitori, siano consapevoli dei rischi legati all’uso delle piattaforme da parte dei minori e prendano le misure necessarie per proteggerli.

      Se desideri sapere come migliorare la protezione dei dati nella tua azienda e garantire la conformità con le normative sulla privacy, contatta il nostro team di esperti per una consulenza, dedicata, gratuita.


      Le Smart TV, sempre più presenti nelle nostre case, sono diventate dispositivi centrali dell’intrattenimento domestico. Grazie a connessioni internet e numerose app integrate, offrono agli utenti contenuti personalizzati e una vasta gamma di funzionalità. Tuttavia, uno studio recente condotto dall’Università della California ha rivelato un aspetto inquietante: le Smart TV potrebbero raccogliere e trasmettere informazioni sulle nostre abitudini di visione senza il nostro consenso esplicito.

      Ma come funzionano questi meccanismi di raccolta dati? E soprattutto, come possiamo proteggerci da una potenziale violazione della nostra privacy?

      Il lato oscuro delle Smart TV: come avviene il monitoraggio

      Secondo lo studio, molte Smart TV sono dotate di funzionalità di Automatic Content Recognition (ACR) , un sistema che traccia e registra ciò che stiamo guardando, sia attraverso applicazioni di streaming che tramite la normale trasmissione televisiva. I dati raccolti possono includere informazioni dettagliate su quali programmi, film o video vengono visualizzati, quanto tempo passiamo davanti allo schermo e persino il momento esatto in cui cambiamo canale.

      Questi dati vengono poi inviati a terze parti, spesso per scopi di marketing, senza che gli utenti ne siano pienamente consapevoli. Le aziende possono quindi creare profili dettagliati sugli spettatori, utilizzando tali informazioni per personalizzare annunci pubblicitari e promozioni.

      Non sorprende, quindi, che le Smart TV siano diventate un terreno fertile per la raccolta di dati personali, rappresentando una nuova frontiera per il monitoraggio digitale.

      Quali rischi per la nostra privacy?

      Il monitoraggio delle abitudini di visione può sembrare relativamente innocuo se paragonato a più gravi violazioni come il furto di identità o il phishing. Tuttavia, la raccolta di questi dati può avere implicazioni significative per la nostra privacy:

      1. Creazione di profili dettagliati : le informazioni raccolte da una Smart TV possono essere combinate con altri dati personali per creare profili utente estremamente dettagliati. Questi profili possono includere le nostre preferenze di consumo, le nostre abitudini quotidiane e persino i nostri interessi politici o culturali.
      2. Condivisione con terze parti : i dati raccolti spesso non rimangono nelle mani del produttore della Smart TV. Vengono condivisi con reti pubblicitarie, piattaforme di marketing e altre terze parti, aumentando il rischio che le nostre informazioni vengano utilizzate in modi non previsti.
      3. Rischio di accesso non autorizzato : come ogni dispositivo connesso, anche le Smart TV possono essere vulnerabili agli attacchi informatici. Gli hacker possono sfruttare queste vulnerabilità per accedere ai dati personali degli utenti o addirittura per controllare a distanza la TV stessa.

      Cosa dice la legge sulla protezione dei dati?

      In Europa, la protezione dei dati personali è garantita dal GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) , che scriviamo rigide regole per la raccolta, l’elaborazione e la conservazione dei dati personali. Tuttavia, nel contesto delle Smart TV, le questioni legali possono diventare complicate.

      Il GDPR richiede che le aziende ottengano il consenso esplicito degli utenti prima di raccogliere e utilizzare i loro dati personali. Ciò significa che i produttori di Smart TV dovrebbero chiaramente informare gli utenti su come vengono raccolti i dati, per quale scopo e con chi vengono condivisi. Tuttavia, spesso queste informazioni sono nascoste nei termini di servizio o nelle impostazioni avanzate della TV, rendendo difficile per gli utenti comprendere pienamente il funzionamento del monitoraggio.

      Inoltre, il GDPR impone alle aziende di offrire agli utenti la possibilità di opt-out dalla raccolta dei dati, ma questa opzione non è sempre presentata in modo chiaro o facilmente accessibile.

      Come proteggersi dal monitoraggio delle Smart TV

      Fortunatamente, esistono alcune misure che possiamo adottare per ridurre il rischio di essere spiati dalle nostre Smart TV. Ecco alcune raccomandazioni:

      • Disattivare l’ACR : molte Smart TV offrono l’opzione di disattivare il sistema di riconoscimento automatico dei contenuti (ACR). Verifica nelle impostazioni della tua TV e assicurazioni che la raccolta dei dati sia disattivata.
      • Limitare la condivisione dei dati : durante la configurazione iniziale della Smart TV, prestare attenzione alle opzioni relative alla privacy e disabilitare la condivisione dei dati con terze parti.
      • Aggiorna regolarmente il software : assicurati che il sistema operativo della tua Smart TV sia sempre aggiornato. Gli aggiornamenti software spesso includono patch di sicurezza che possono proteggere il dispositivo da vulnerabilità note.
      • Utilizza reti sicure : collega la tua Smart TV a una rete Wi-Fi protetta da una password robusta e considera l’uso di una VPN per crittografare il traffico internet.
      • Evitare microfoni e telecamere : se la tua Smart TV è dotata di microfono o telecamera, valuta la possibilità di disattivarli o di coprire fisicamente la telecamera quando non in uso.

      Il futuro delle Smart TV: verso una maggiore consapevolezza?

      La crescente attenzione verso la protezione dei dati personali ha spinto molte aziende a rivedere le proprie politiche di raccolta e utilizzo delle informazioni. Tuttavia, per quanto riguarda la Smart TV, c’è ancora molta strada da fare.

      È fondamentale che i produttori di questi dispositivi adottino un approccio più trasparente, fornendo informazioni chiare e accessibili agli utenti su come vengono raccolti e utilizzati i loro dati. Allo stesso tempo, gli utenti devono essere proattivi, educandosi sulle funzionalità delle proprie Smart TV e adottando misure preventive per proteggere la propria privacy.

      Le Smart TV sono davvero sicure?

      Le Smart TV offrono una comodità senza precedenti, ma con essa arrivano nuove sfide in termini di privacy e sicurezza. Come utenti, dobbiamo essere consapevoli dei rischi legati alla raccolta di dati e prendere misure per proteggere le nostre informazioni personali.

      Se vuoi approfondire come proteggere la tua privacy e quella dei tuoi dispositivi, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.


      Nel mondo digitale, la protezione dei dati personali è una questione di primaria importanza, e lo dimostra il caso dell’USL 6 Euganea di Padova. Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, l’azienda sanitaria è stata colpita da due attacchi informatici, con il furto potenziale di circa 17.000 documenti contenenti dati sensibili. Nonostante l’enorme impatto, l’USL ha ricevuto una multa di soli 22.000 euro dal Garante della privacy, una cifra che potrebbe sembrare modesta rispetto alla gravità dell’accaduto. Ma perché è stata sanzionata? E quali lezioni possiamo trarre da questo evento?

      L’attacco e la fuga di dati: un’analisi del caso

      L’attacco subito dall’USL di Padova ha portato alla compromissione di una vasta mole di documenti, contenenti informazioni personali e sensibili. La situazione si è aggravata ulteriormente quando si è scoperto che l’USL non aveva adottato misure di sicurezza adeguate per prevenire l’attacco, rendendo più semplice per i criminali informatici accedere ai dati.

      Non è raro che le strutture sanitarie diventino bersaglio di attacchi informatici. I dati sanitari, infatti, sono tra le informazioni più preziose nel mercato nero del dark web, e la loro sottrazione può avere conseguenze devastanti per i pazienti. Non solo i dati possono essere utilizzati per frodi e truffe, ma possono anche esporre i pazienti a rischi di violazione della privacy che possono influire sulla loro vita personale e professionale.

      La sanzione del Garante: perché solo 22.000 euro?

      La multa di 22.000 euro imposta dal Garante della privacy all’USL di Padova ha suscitato diverse reazioni. Considerando la portata dell’attacco e la sensibilità dei dati compromessi, ci si sarebbe aspettati una sanzione ben più elevata. Tuttavia, il Garante ha basato la sua decisione su vari fattori:

      1. Gravità dell’infrazione : la violazione era significativa, ma il numero di documenti coinvolti, pur elevato, non ha raggiunto le proporzioni di altre fughe di dati ben più estese, per cui sono state imposte sanzioni più severe.
      2. Adeguamento successivo dell’USL : dopo l’attacco, l’USL di Padova ha collaborato con le autorità e ha implementato misure di sicurezza per evitare ulteriori violazioni. Questo comportamento post-infrazione è stato considerato nella determinazione dell’ammontare della sanzione.
      3. Valutazione della capacità economica : il Garante tiene conto anche della capacità finanziaria dell’organizzazione coinvolta. Essendo un’azienda sanitaria pubblica, l’importo della sanzione è stato calcolato in base alle risorse economiche disponibili, per non compromettere la capacità dell’USL di erogare i servizi sanitari.

      Le lezioni da imparare: prevenzione e responsabilità

      Il caso dell’USL di Padova mette in luce diverse lezioni chiave per le organizzazioni, sia pubbliche che private, sulla gestione della sicurezza dei dati. Vediamo alcune delle più rilevanti:

      • Prevenzione è meglio che curare : l’attacco all’USL evidenzia come molte organizzazioni sanitarie non adottino le misure necessarie per prevenire attacchi informatici. Le strutture sanitarie, per la natura dei dati trattati, dovrebbero investire in tecnologie di sicurezza avanzate, come crittografia dei dati, firewall e sistemi di monitoraggio in tempo reale. La mancata implementazione di queste misure può avere conseguenze devastanti non solo per i pazienti, ma anche per la reputazione dell’ente.
      • Piani di risposta agli incidenti : ogni organizzazione deve disporre di un piano di risposta agli incidenti ben definito, che include azioni immediate da adottare in caso di violazioni della sicurezza. Una risposta tempestiva può ridurre in modo significativo i danni e limitare l’esposizione dei dati personali.
      • Formazione del personale : uno degli aspetti più trascurati è la formazione del personale. Molte delle violazioni di dati si verificano a causa di errori umani, come cliccare su link di phishing o utilizzare password deboli. Una formazione costante e aggiornata sulla sicurezza informatica può prevenire molti di questi rischi.
      • Collaborazione con le autorità : la prontezza con cui l’USL ha collaborato con il Garante della privacy ha contribuito a mitigare l’entità della sanzione. È essenziale che le organizzazioni collaborino tempestivamente con le autorità competenti in caso di violazione, non solo per evitare sanzioni più gravi, ma anche per gestire in modo efficace le conseguenze dell’attacco.

      Implicazioni legali: il ruolo del GDPR

      Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) , entrato in vigore nel 2018, prevede sanzioni rigorose per le organizzazioni che non proteggono adeguatamente i dati personali. Il GDPR ha chiaramente affermato che tutte le organizzazioni, pubbliche o private, devono adottare misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei dati trattati.

      Nel caso dell’USL di Padova, la mancata conformità agli standard di sicurezza previsti dal GDPR è stata uno dei motivi principali della sanzione. Tuttavia, la direttiva europea prevede anche che le sanzioni siano proporzionate alla gravità dell’infrazione e alle condizioni economiche dell’organizzazione.
      Ultimo ma non ultimo: l’Autorità Garante è restia a sanzionare le Pubbliche Amministrazioni perchè, alla fine, sarebbe solo un cane che si morde la coda.
      Tutto questo, spiega la multa relativamente contenuta rispetto ad altri casi simili.

      La sicurezza dei dati in ambito sanitario

      L’attacco informatico all’USL di Padova è un chiaro esempio di quanto sia importante investire nella sicurezza dei dati, soprattutto in ambito sanitario, dove la natura delle informazioni trattate è particolarmente sensibile. Le strutture sanitarie devono considerare la protezione dei dati personali come una priorità assoluta, adottando tecnologie all’avanguardia e formando il personale in modo costante.

      In un contesto sempre più digitale, nessuna organizzazione è immune agli attacchi informatici. Tuttavia, essere preparati e conformi alle normative può fare la differenza tra un attacco gestito in modo efficace e una crisi che danneggia irreparabilmente l’immagine e la fiducia dei pazienti.

      Se la tua organizzazione vuole rafforzare la sicurezza dei dati e garantire la conformità al GDPR, contatta subito il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.


      L’Italia si colloca al quinto posto nel mondo per furto di email e password esposte sul dark web. Una posizione allarmante che mette in luce quanto i dati personali degli italiani siano vulnerabili agli attacchi informatici. Nel primo semestre del 2024, l’ Osservatorio Cyber ​​di CRIF ha rilevato un aumento significativo dell’esposizione di nuovi dati in circolazione, sempre più completi e utilizzabili per frodi e furti di identità. Ma perché l’Italia è così in alto in questa classifica? E soprattutto, cosa possiamo fare per difenderci?

      Perché l’Italia è così esposta?

      L’esposizione dei dati personali, in particolare di email e password, sul dark web è un problema globale, ma l’Italia si trova in una posizione particolarmente delicata per vari motivi. Ecco alcune delle ragioni principali:

      1. Aumento degli attacchi cyber : negli ultimi anni, gli attacchi informatici contro aziende e privati ​​sono aumentati in modo esponenziale. Le campagne di phishing, gli attacchi ransomware e la compromissione dei database sono diventati strumenti comuni utilizzati dai cybercriminali per rubare dati personali.
      2. Scarsa consapevolezza e formazione : molti utenti italiani non sono adeguatamente formati sulla sicurezza informatica. Spesso si utilizzano password deboli o identiche per più account, il che rende molto più semplice per i criminali ottenere accesso a dati sensibili. Inoltre, le pratiche di sicurezza come l’autenticazione a due fattori non sono ancora così diffuse come dovrebbero essere.
      3. Vecchie infrastrutture digitali : molte aziende e pubbliche amministrazioni italiane continuano ancora su infrastrutture digitali datate e vulnerabili agli attacchi. La mancanza di aggiornamenti frequenti e la scarsa attenzione alla sicurezza informatica mettono a rischio enormi quantità di dati personali.

      Le conseguenze del furto di email e password

      Il furto di email e password è solo il primo passo verso attacchi più complessi. Una volta che le credenziali sono in possesso dei criminali, le possibilità di danno aumentano esponenzialmente. Tra le conseguenze più comuni ci sono:

      • Furto d’identità : i cybercriminali possono utilizzare le credenziali rubate per accedere ad account finanziari o di social media, impersonando la vittima e commettendo frodi.
      • Accesso a ulteriori dati sensibili : una volta che un criminale ha accesso a un’e-mail, può utilizzarla per reimpostare la password di altri account, ampliando il danno.
      • Frode finanziaria : molti dati rubati sul dark web sono venduti a terzi, che possono utilizzarli per truffe, frodi con carte di credito o altre attività criminali.

      Come proteggersi dal furto di identità

      Nonostante la situazione preoccupante, ci sono diverse misure che ognuno di noi può adottare per proteggere i propri dati personali dal furto. Ecco alcune delle migliori pratiche che puoi mettere in atto da subito:

      • Utilizza password sicure e uniche : la maggior parte dei furti di credenziali avviene a causa di password deboli o riutilizzate. Assicurati che ogni account abbia una password unica e complessa. L’utilizzo di password manager può semplificare la gestione di molte credenziali.
      • Attiva l’autenticazione a due fattori (2FA) : questa è una delle migliori difese contro il furto di identità. Anche se un criminale ottiene la tua password, non potrà accedere al tuo account senza il secondo fattore di autenticazione.
      • Monitora il dark web : esistono servizi che monitorano il dark web alla ricerca delle tue credenziali. Se il tuo indirizzo email o la tua password compaiono in vendita, verrai avvisato immediatamente, permettendoti di cambiare password e proteggere il tuo account.
      • Aggiorna regolarmente il software : assicurati che il tuo sistema operativo e le tue applicazioni siano sempre aggiornate. Molti attacchi avvengono sfruttando vulnerabilità note nei software non aggiornati.
      • Formati sulla sicurezza informatica : spesso, la miglior difesa è la consapevolezza. Investire tempo nella formazione sulla sicurezza informatica ti permetterà di riconoscere tentativi di phishing e altri attacchi, riducendo il rischio di cadere vittima di truffe.

      Il ruolo delle aziende nella protezione dei dati

      Le aziende hanno una responsabilità fondamentale nella protezione dei dati personali dei propri clienti. Non si tratta solo di un obbligo legale, ma anche di una questione di fiducia. Se un’azienda subisce un furto di dati, la fiducia dei clienti può essere seriamente compromessa, con conseguenze anche economiche.

      Le organizzazioni devono adottare una serie di misure per proteggere i dati:

      • Implementazione di crittografia robusta : i dati personali devono essere criptati sia a riposo che in transito, rendendo impossibile per i cybercriminali leggerli in caso di furto.
      • Backup regolari e testati : i backup dei dati devono essere eseguiti regolarmente e testati per garantire che, in caso di attacco, le informazioni possano essere ripristinate senza perdite.
      • Aggiornamento costante delle misure di sicurezza : le minacce informatiche si evolvono continuamente, ed è essenziale che anche le difese aziendali si aggiornino di conseguenza. Questo include l’implementazione di firewall, antivirus e soluzioni di monitoraggio delle reti.
      • Formazione del personale : gli attacchi cyber spesso sfruttano l’errore umano. Una formazione costante del personale aziendale può prevenire molte lesioni legate al comportamento umano, come il clic su link di phishing.

      La sicurezza dei dati è una responsabilità condivisa

      Essere al quinto posto nel mondo per furto di email e password è un segnale d’allarme che non possiamo ignorare. La sicurezza dei dati personali non è solo una questione tecnologica, ma una responsabilità condivisa tra utenti e aziende.

      Proteggere la propria identità digitale richiede consapevolezza, strumenti adeguati e, soprattutto, l’adozione di buone pratiche quotidiane. Allo stesso tempo, le aziende devono impegnarsi per proteggere i dati dei propri clienti, adottando tutte le misure necessarie per prevenire furti e violazioni.

      Se vuoi aumentare seriamente la sicurezza dei tuoi dati personali o aziendali, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.


      Nel panorama legislativo europeo, il Data Governance Act (DGA) rappresenta una pietra miliare per la gestione e il riutilizzo dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni e da entità private. Questo regolamento, parte della più ampia strategia europea sui dati, ha l’obiettivo di promuovere la condivisione e l’uso dei dati, garantendo al contempo che i principi di trasparenza, sicurezza e privacy siano rispettati.

      Il 2 ottobre 2024, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato il decreto legislativo di adeguamento al DGA, conferendo all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) il ruolo di sportello unico per la richiesta di riutilizzo dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni. Ma cosa significa questo in termini pratici? E quali sono le implicazioni per le PA e le aziende private?

      Cos’è il Data Governance Act e perché è importante?

      Il Data Governance Act è una normativa europea che mira a creare un ambiente sicuro e trasparente per lo scambio di dati tra le diverse parti, siano esse pubbliche o private. Il DGA è pensato per facilitare la condivisione dei dati in modo sicuro e trasparente, ponendo particolare attenzione alla protezione dei dati personali e alla conformità con il GDPR.

      In sintesi, il DGA ha i seguenti obiettivi principali:

      • Promuovere il riutilizzo dei dati : molte informazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche possono essere di grande valore per il settore privato, soprattutto per l’innovazione tecnologica e la ricerca. Il DGA facilita il riutilizzo di questi dati in modo legale e trasparente.
      • Sicurezza dei dati : la normativa assicura che lo scambio di dati avvenga in un contesto sicuro, garantendo che le informazioni siano trattate in conformità con le normative europee sulla privacy.
      • Sostenere l’economia dei dati : con un focus sul potenziamento dell’innovazione e della ricerca, il DGA mira a favorire la crescita economica attraverso l’uso intelligente dei dati.

      Il ruolo dell’AgID: cosa cambia per le pubbliche amministrazioni?

      Con l’approvazione del decreto legislativo del 2 ottobre 2024, l’AgID diventa l’interlocutore principale per quanto riguarda le richieste di riutilizzo dei dati protetti dalle pubbliche amministrazioni. Questa decisione rende l’Italia uno dei primi Paesi ad attuare concretamente le disposizioni della DGA, segnando un passo importante verso una maggiore efficienza e trasparenza nella gestione dei dati pubblici.

      Per le pubbliche amministrazioni, questo significa che dovranno adottare misure e procedure per facilitare il riutilizzo dei dati da parte di soggetti esterni. Tra i principali cambiamenti ci sono:

      • Creazione di un sistema centralizzato per la gestione delle richieste di riutilizzo dei dati, con l’AgID che agisce come sportello unico.
      • Trasparenza nelle modalità di accesso ai dati : le PA saranno tenute a fornire informazioni chiare su come i dati possono essere utilizzati e su quali siano le condizioni per il loro riutilizzo.
      • Sicurezza e protezione dei dati personali : pur facilitando il riutilizzo dei dati, le amministrazioni devono garantire che le informazioni sensibili siano protette, in conformità con il GDPR e altre normative nazionali.

      Opportunità per le aziende private: come sfruttare il DGA

      Il decreto non riguarda solo le pubbliche amministrazioni, ma apre nuove opportunità anche per le aziende private. L’accesso ai dati pubblici può rappresentare una risorsa preziosa per le imprese che vogliono sviluppare nuovi prodotti, servizi o tecnologie basate sull’analisi dei dati. Settori come l’intelligenza artificiale, la sanità digitale, la mobilità intelligente e molti altri possono trarre enormi vantaggi dal riutilizzo dei dati pubblici.

      Ecco alcune delle principali opportunità per le aziende:

      • Sviluppo di nuove soluzioni basate sui dati : l’accesso a grandi quantità di dati pubblici può innovazioni alimentari in vari settori, dall’analisi predittiva ai servizi personalizzati.
      • Collaborazioni tra pubblico e privato : il DGA favorisce la creazione di partenariati tra il settore pubblico e privato per lo sviluppo di progetti comuni, con un impatto positivo sulla competitività del mercato.
      • Miglioramento della ricerca e dello sviluppo : le aziende che continuano nel campo della ricerca scientifica o tecnologica possono sfruttare i dati pubblici per accelerare lo sviluppo di nuove soluzioni.

      Sfide e responsabilità: la sicurezza dei dati prima di tutto

      Se da una parte il DGA apre nuove opportunità, dall’altra introduce anche nuove sfide, soprattutto in termini di sicurezza e protezione dei dati. La gestione di grandi quantità di informazioni, alcune delle quali potenzialmente sensibili, richiede l’adozione di misure rigorose per garantire la sicurezza dei dati trattati.

      Le pubbliche amministrazioni e le aziende private dovranno collaborare per assicurare che i dati siano protetti da eventuali attacchi informatici o usi impropri. Questo significa implementare misure di sicurezza informatica avanzate, formare il personale alla gestione sicura dei dati e adottare politiche di accesso e utilizzo che siano trasparenti e conformi alle normative europee.

      Il futuro dei dati in Italia

      Con l’approvazione del decreto legislativo di adeguamento al Data Governance Act, l’Italia si posiziona all’avanguardia nella gestione e riutilizzo dei dati pubblici. Questo nuovo quadro normativo offre alle pubbliche amministrazioni e alle aziende private l’opportunità di sfruttare appieno il potenziale dei dati, promuovendo l’innovazione e la crescita economica.

      Tuttavia, come per ogni innovazione, è fondamentale bilanciare le opportunità con le responsabilità. La sicurezza e la protezione dei dati devono rimanere una priorità assoluta, per garantire che il riutilizzo dei dati avvenga in modo etico e conforme alle normative.

      Se la tua azienda vuole scoprire come sfruttare le opportunità offerte dal Data Governance Act e garantire la sicurezza dei dati, contatta il nostro team di esperti.


      L’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente diventando una componente essenziale del nostro vivere quotidiano, rivoluzionando settori come la sanità, i trasporti, la finanza e molti altri. Tuttavia, questa trasformazione solleva interrogativi importanti: chi è responsabile quando un sistema di IA causa danni?

      Con l’entrata in vigore dell’AI Act , il nuovo regolamento dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale, sono state introdotte regole chiare per garantire che lo sviluppo e l’utilizzo di sistemi di IA avvengano in modo sicuro e trasparente. Ma cosa succede quando qualcosa va storto e un sistema di IA provoca danni a persone, proprietà o al funzionamento di infrastrutture critiche?

      Il contesto normativo: l’AI Act dell’Unione Europea

      L’ AI Act è il primo regolamento europeo che disciplina l’uso dell’intelligenza artificiale. Si tratta di un provvedimento già operativo che mira a creare un quadro giuridico comune per tutti gli Stati membri, garantendo un equilibrio tra l’innovazione e la protezione dei diritti fondamentali.

      L’AI Act classifica i sistemi di intelligenza artificiale in base al rischio che comportano, con l’obiettivo di prevenire danni a persone e alle società. Le categorie di rischio vanno da basso (per sistemi che offrono funzioni minime) a alto (per sistemi che possono influire su diritti fondamentali o su infrastrutture critiche). Le applicazioni ad alto rischio includono, ad esempio:

      • Sistemi che influenzano l’accesso all’occupazione : come strumenti utilizzati per il reclutamento, la selezione o la valutazione dei dipendenti.
      • Tecnologie per la gestione delle infrastrutture critiche : come i sistemi che controllano la fornitura di energia, i trasporti pubblici o la sanità.
      • Sistemi di sorveglianza biometrica : tecnologie che monitorano le persone in tempo reale attraverso il riconoscimento facciale o altre tecniche biometriche.

      Tutti questi sistemi, se mal progettati o utilizzati, possono causare danni significativi. Ma come viene affrontata la questione della responsabilità in caso di incidente?

      La responsabilità in caso di danni causati dall’IA

      L’AI Act prevede regole specifiche per i sistemi di intelligenza artificiale, ma non disciplina direttamente la responsabilità civile in caso di danni. Per questo, la Commissione Europea ha introdotto ulteriori disposizioni per aggiornare le norme di responsabilità civile a questi nuovi contesti tecnologici, garantendo che le vittime di danni causa dall’IA possano ottenere un risarcimento equo.

      La responsabilità può essere attribuita a diversi soggetti coinvolti nello sviluppo o nell’uso di sistemi di IA, tra cui:

      • Produttori e sviluppatori : responsabilità per eventuali difetti di progettazione o mancanze nel fornire le adeguate misure di sicurezza per prevenire danni.
      • Operatori o utilizzatori : chi utilizza il sistema di IA è responsabile per il suo uso scorretto o improprio. Ad esempio, se un’azienda utilizza un algoritmo per prendere decisioni che portano a discriminazioni ingiustificate, l’azienda stessa può essere ritenuta responsabile.

      Un punto cruciale della discussione riguarda la responsabilità oggettiva , che può essere applicata ai sistemi di IA ad alto rischio. In tali casi, l’operatore può essere ritenuto responsabile dei danni, anche se non c’è stata alcuna negligenza o colpa diretta.

      Cosa cambia con l’introduzione dell’AI Act?

      L’AI Act rafforza l’attenzione sulla sicurezza e la trasparenza dei sistemi di IA. Le aziende che sviluppano o utilizzano questi sistemi devono dimostrare la conformità con il regolamento, ad esempio documentando i processi di sviluppo, valutando i rischi e implementando controlli rigorosi. Ciò implica una responsabilità più stringente per:

      • La gestione dei dati : i dati utilizzati per addestrare i sistemi di IA devono essere accurati, privi di pregiudizi e conformi al GDPR.
      • L’equità e la non discriminazione : l’AI Act richiede che i sistemi di IA non creino discriminazioni, ad esempio nell’ambito del lavoro o dell’accesso ai servizi pubblici.

      Inoltre, i fornitori di sistemi di IA devono essere pronti a rispondere non solo a livello tecnico, ma anche legale, dimostrando che hanno adottato tutte le misure per ridurre i rischi.

      Sfide futuro e responsabilità legale

      Una delle principali sfide sarà bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei diritti fondamentali. Poiché i sistemi di IA diventano sempre più complessi e autonomi, potrebbe essere difficile individuare esattamente chi è responsabile in caso di danni. Questo apre la porta a nuovi dibattiti su come riformare ulteriormente il sistema legale per affrontare le peculiarità dell’IA.

      La trasparenza, la tracciabilità e l’auditabilità dei sistemi di IA saranno cruciali per garantire che i danni possano essere prevenuti e, in caso di incidenti, adeguatamente risarciti.

      Conclusioni

      L’ AI Act rappresenta un passo avanti fondamentale per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale in Europa, ma la questione della responsabilità legale rimane complessa. È essenziale che le aziende e gli sviluppatori si preparino ad affrontare un panorama normativo sempre più esigente, dove la conformità non è solo una questione tecnica, ma anche legale ed etica.

      Se desideri approfondire come garantire la conformità della tua azienda all’AI Act e gestire al meglio i rischi legati alla responsabilità per i danni causati dall’IA, contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata.


      La protezione della privacy dei giovani è uno dei temi più delicati e complessi del nostro tempo, soprattutto in un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla condivisione costante di informazioni personali sui social media. A partire da che età i ragazzi possono davvero gestire la propria privacy in autonomia? E soprattutto, quali sono i limiti normativi e le responsabilità che gravano sui genitori e sui ragazzi stessi?

      L’ordinamento giuridico italiano riconosce la piena capacità di agire al compimento del diciottesimo anno. Questo significa che, fino a quel momento, i giovani sono considerati minorenni e, pertanto, spetta ai genitori o tutor legali prendere decisioni che riguardano la loro sfera personale, inclusa la gestione della privacy. Ma in un contesto digitale, la protezione dei dati diventa un campo minato dove non solo gli adulti, ma anche i ragazzi devono essere educati e responsabilizzati.

      Privacy e minori: cosa dice la legge

      In Italia, la gestione della privacy dei minori è regolata dal GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati) e dal Codice della Privacy italiano. Il GDPR, all’articolo 8, afferma che per i minori di 16 anni è necessario il consenso dei genitori o dei tutor per poter trattare i dati personali, come nel caso dell’utilizzo di piattaforme online o app. Tuttavia, gli Stati membri possono abbassare questa soglia fino a 13 anni, e in Italia è stata fissata proprio a 14 anni.

      Questo significa che, a partire dai 14 anni, i ragazzi possono acconsentire autonomamente al trattamento dei loro dati personali. Ma cosa significa davvero? E soprattutto, fino a che punto possono davvero comprendere le implicazioni del consenso che stanno dando?

      La consapevolezza digitale: un’abilità che va sviluppata

      Consentire ai ragazzi di gestire la propria privacy a 14 anni non significa automaticamente che siano pronti a farlo. La capacità di comprendere le conseguenze della condivisione dei propri dati, di riconoscere le potenziali minacce e di proteggersi efficacemente online è una competenza che va acquisita con il tempo, l’esperienza e, soprattutto, l’educazione.

      Il problema principale non è tanto se i giovani hanno o meno il diritto di gestire la propria privacy, ma piuttosto se sono in grado di farlo in modo consapevole. Il mondo online, infatti, può essere ingannevole e molto più complesso di quanto sembri. Gli adolescenti sono spesso esposti a rischi come il furto d’identità, il cyberbullismo o l’adescamento online. E, in molti casi, non dispongono ancora degli strumenti necessari per riconoscere e gestire queste minacce.

      Il ruolo dei genitori: controllo o dialogo?

      I genitori, in questo contesto, svolgono un ruolo fondamentale. Se da una parte devono garantire la protezione dei propri figli, dall’altra devono anche insegnare loro come prendersi cura della propria privacy. È un delicato equilibrio tra protezione e autonomia.

      Imporre un controllo totale non è la soluzione. Piuttosto, è necessario un approccio basato sul dialogo e sull’educazione. I genitori devono spiegare ai ragazzi i rischi connessi alla condivisione dei dati personali, insegnare loro a utilizzare le impostazioni di privacy delle piattaforme social, e soprattutto a riflettere prima di postare informazioni sensibili.

      Tuttavia, non è semplice. Le piattaforme online, pur essendo soggette alle normative GDPR, non sempre forniscono informazioni chiare e comprensibili sui meccanismi di raccolta e utilizzo dei dati. I ragazzi, quindi, spesso si trovano a navigare in un mondo digitale che non facilita la protezione della loro privacy.

      Il ruolo della scuola e delle istituzioni

      Un altro attore importante nel percorso di consapevolezza e gestione della privacy dei ragazzi è la scuola. Le istituzioni scolastiche hanno il compito di integrare nei programmi educativi lezioni di cittadinanza digitale e di protezione dei dati. Questo può essere realizzato tramite corsi specifici sull’uso consapevole delle tecnologie, workshop su come proteggere la propria privacy online e laboratori dedicati alla sicurezza informatica.

      Educare i ragazzi all’uso corretto dei social media e delle tecnologie non è più un optional, ma una necessità. Le competenze digitali devono essere sviluppate sin dalla giovane età per garantire che i ragazzi possano affrontare il mondo online in modo consapevole e responsabile.

      Una responsabilità condivisa

      La gestione della privacy da parte dei ragazzi non è una questione che può essere risolta con una sola normativa o una soglia di età. Si tratta di un processo che richiede la collaborazione tra genitori, scuole, istituzioni e piattaforme digitali.

      Da un lato, i ragazzi devono essere educati fin da piccoli a gestire i propri dati personali con attenzione. Dall’altro, le piattaforme online devono rispettare rigorosamente le normative GDPR e fare in modo che la protezione dei minori sia una priorità, fornendo strumenti semplici e accessibili per gestire la privacy in modo consapevole.

      In definitiva, la risposta alla domanda “fino a che punto i ragazzi possono gestire la propria privacy?” non è, purtroppo, univoca e definitiva. I ragazzi possono, sicuramente, gestire i loro dati personali ma solo se adeguatamente formati e supportati da un ecosistema che li protegge e li guida. È una responsabilità collettiva: dei ragazzi stessi, dei genitori, delle scuole e delle piattaforme online. FinData, allo scopo di sostenere questo importante processo evolutivo e informativo collabora attivamente con Educyber, che offre attivamente supporto a scuole e genitori

      Se vuoi saperne di più su come proteggere i dati dei minori, contattaci!


      I “giovani nativi digitali”, i Millennials, sono cresciuti in un mondo in cui la tecnologia è parte integrante della loro vita quotidiana. Hanno grande dimestichezza con i social network, ma quanto sanno davvero sulla gestione dei dati personali? La linea tra un uso domestico e pubblico dei dati è più sottile di quanto sembri, e basta poco per trasformarsi da semplice utilizzatori a veri e propri titolari di un trattamento di dati.

      Quando si utilizza un social network, anche per scopi apparentemente privati, ci sono alcune domande da porsi:

      1. Chi ha accesso ai miei dati? Anche un contenuto apparentemente “privato” potrebbe essere condiviso o utilizzato in modi imprevisti.
      2. Sto raccogliendo dati di altre persone? Condividere foto, video o informazioni di terzi può comportare la gestione dei loro dati personali.
      3. Sono consapevole dei rischi? Le piattaforme social raccolgono una quantità impressionante di dati, che possono essere utilizzati per profilare o monetizzare le attività degli utenti.

      Proviamo ad approfondire.

      1. Chi ha accesso ai miei dati?

      Anche se pensi che le informazioni che condividi sui social network siano private, la realtà è spesso diversa. Molte piattaforme social permettono di impostare livelli di privacy, ma spesso non è sufficiente a proteggere completamente i tuoi dati. Anche quando pubblichi qualcosa come “privato”, la piattaforma stessa conserva il diritto di accedere, archiviare e analizzare quei dati per finalità commerciali.

      Inoltre, le informazioni condivise in chat o in gruppi ristretti potrebbero essere divulgate da uno dei partecipanti, intenzionalmente o accidentalmente. Le policy di molte piattaforme consentono inoltre a partner esterni, come inserzionisti o sviluppatori di app, di accedere ai dati degli utenti per fini di marketing o profilazione. In breve, quando pubblichi qualcosa online, anche in contesti apparentemente chiusi o sicuri, devi sempre considerare che potrebbe essere diffuso oltre la tua cerchia di contatti.

      Per proteggerti:

      • Controlla le impostazioni di privacy della piattaforma, ma ricorda che non garantiscono una protezione assoluta.
      • Evita di pubblicare informazioni sensibili che potrebbero compromettere la tua privacy o quella di altre persone.
      • Leggi attentamente le policy dei social network per capire chi può realmente accedere ai tuoi dati.

      2. Sto raccogliendo dati di altre persone?

      Quando condividi foto, video o informazioni che includono altre persone, potresti inconsapevolmente diventare un titolare del trattamento dei loro dati personali. Le foto di un amico durante una festa o i video di un evento pubblico sono dati personali che, se condivisi senza il consenso delle persone coinvolte, possono portare a problemi legali.

      Anche azioni apparentemente innocue come taggare qualcuno in una foto o pubblicare una conversazione possono costituire una violazione della loro privacy, se fatto senza autorizzazione. La normativa GDPR richiede che chi gestisce dati personali (come foto o video) ottenga il consenso delle persone coinvolte, soprattutto se si tratta di contenuti pubblici o condivisi su larga scala.

      Per evitare complicazioni:

      • Chiedi il consenso alle persone coinvolte prima di pubblicare contenuti che li riguardano.
      • Evita di taggare persone in contenuti che non hai autorizzato.
      • Considera l’uso di filtri o strumenti di anonimizzazione, come il blurring dei volti, per proteggere la privacy di terzi nei contenuti multimediali.

      3. Sono consapevole dei rischi?

      Le piattaforme social sono progettate per raccogliere una quantità enorme di dati sugli utenti. Ogni like, commento, post e condivisione è tracciato, analizzato e spesso utilizzato per costruire profili dettagliati che vengono poi venduti a terze parti, come inserzionisti, o utilizzati per migliorare il targeting pubblicitario. Questi dati includono non solo informazioni esplicite che condividi (come post e foto), ma anche comportamenti impliciti, come quanto tempo trascorri su un contenuto o quali link clicchi.

      Inoltre, i social network utilizzano tecniche di “profilazione” per classificare gli utenti in base alle loro preferenze, interessi e comportamenti. Questo non solo determina quali annunci ti vengono mostrati, ma può influenzare l’intera tua esperienza online, rendendoti più vulnerabile a manipolazioni psicologiche e persuasione algoritmica.

      Essere consapevoli dei rischi significa comprendere che:

      • Ogni attività online è monitorata: Dalla tua posizione geografica ai tuoi interessi personali, tutto può essere registrato e utilizzato per fini commerciali.
      • I tuoi dati possono essere venduti: Molte piattaforme vendono o scambiano i dati degli utenti con aziende terze per generare entrate pubblicitarie.
      • Le tue abitudini influenzano ciò che vedi: Gli algoritmi dei social network sono progettati per mostrarti contenuti che mantengono alta la tua attenzione, ma questo può anche portare a una limitazione delle informazioni che ricevi (fenomeno noto come “filter bubble”).

      Per limitare i rischi:

      • Rivedi regolarmente le impostazioni di privacy e limitalo il più possibile.
      • Utilizza browser o VPN che proteggono la tua privacy, impedendo il tracciamento della tua attività online.
      • Sii consapevole del valore dei tuoi dati e considera attentamente quali informazioni condividi e con chi.

      Un uso inconsapevole dei social network può avere conseguenze legali, specialmente se si entra nel campo del trattamento non autorizzato dei dati. È fondamentale comprendere che anche un gesto semplice, come la creazione di un gruppo o la condivisione di un evento, può trasformarti in un titolare di trattamento con precise responsabilità.

      Essere un nativo digitale non significa essere immuni dai rischi legati alla privacy. Vuoi saperne di più su come utilizzare i social in modo sicuro e consapevole? Contatta subito il nostro team di esperti per una consulenza su misura!


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        Quando una funzione di protezione della privacy diventa uno strumento di tracciamento, è chiaro che qualcosa è andato storto. Questo è il caso di Firefox, il famoso browser che, secondo una denuncia presentata dal European Centre for Digital Rights (noyb.eu), traccia gli utenti tramite una funzione che dovrebbe invece tutelare la loro privacy. L’esposto è stato presentato all’autorità garante austriaca, scatenando preoccupazioni tra gli utenti attenti alla protezione dei propri dati.

        Mozilla ha appena sposato la narrativa secondo cui l’industria pubblicitaria ha il diritto di tracciare gli utenti, trasformando Firefox in uno strumento di misurazione degli annunci – ha dichiarato Felix Mikolash, avvocato specializzato in protezione dei dati presso Noyb -. Sebbene l’azienda possa avere buone intenzioni, è molto improbabile che la Privacy Preserving Attribution sostituisca i cookie e altri strumenti di tracciamento. È solo un nuovo mezzo aggiuntivo per tracciare gli utenti”.

        Il punto cruciale della questione è l’ambiguità delle funzioni di tracciamento nascoste sotto l’etichetta di “protezione”. Se anche i browser, che dovrebbero essere i primi garanti della privacy online, utilizzano questi escamotage, diventa fondamentale per gli utenti avere un approccio più consapevole e critico.

        Tre azioni pratiche che puoi adottare subito:

        1. Controlla e limita le impostazioni di privacy: Personalizza le impostazioni del browser per ridurre al minimo il tracciamento.
        2. Usa software di terze parti per la protezione della privacy: Strumenti come VPN o ad blocker possono essere alleati preziosi.
        3. Aggiorna frequentemente il tuo browser: Le nuove versioni correggono bug e falle di sicurezza, garantendo maggiore protezione.

        La tua privacy è una priorità, e anche le aziende devono essere trasparenti sulle loro pratiche. Vuoi sapere di più su come proteggere i tuoi dati online? Contatta subito il nostro team di esperti!


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          La privacy può essere applicata in modo troppo restrittivo? Secondo una recente sentenza del Tribunale di Treviso (316/2024), sì. Un docente era stato sanzionato per aver espresso valutazioni su studenti non nominati, ma potenzialmente riconoscibili, nella relazione di fine anno. La corte ha però annullato la censura, sottolineando l’importanza di un’applicazione equilibrata della normativa sulla privacy.

          Questo caso evidenzia un punto cruciale: l’applicazione sproporzionata della normativa sulla privacy può ostacolare attività fondamentali, come la didattica. I docenti devono poter esprimere valutazioni, pur nel rispetto delle regole, senza il timore di sanzioni spropositate.

          Cosa possiamo imparare?

          1. Equilibrio tra privacy e libertà professionale: Ogni applicazione normativa deve tenere conto del contesto in cui viene applicata.
          2. Chiarezza nelle linee guida: Le scuole devono fornire direttive chiare ai docenti su come rispettare la privacy degli studenti senza limitare la loro libertà di giudizio.
          3. Collaborazione tra istituti e Garante: Un dialogo costante con l’Autorità Garante può aiutare le scuole a evitare applicazioni rigide delle normative.

          Le scuole hanno molto lavoro da fare a cominciare dal nominare un DPO e avvalersi del servizio che questa figura cruciale ha nel sistema di gestione della privacy. Scuole: evitate nomine solo formali o i danni saranno nel medio termine davvero pesanti.

          La tutela della privacy è fondamentale, ma non deve soffocare la funzione educativa. Se la tua organizzazione ha bisogno di supporto su come gestire le norme sulla privacy in modo corretto, contatta subito i nostri esperti per una consulenza gratuita e personalizzata.


          Non rendere davvero anonimi i dati sensibili può costare caro. Una società informatica del settore sanitario ha pagato 800.000 euro per non aver anonimizzato correttamente i dati dei pazienti, esponendoli a rischi di violazioni. Ma cosa significa davvero “anonimizzare”? Questo caso ci insegna che la semplice rimozione del nome non è sufficiente.

          L’anonimizzazione è un processo che va oltre la semplice mascheratura dei dati; deve essere fatta in modo tale che sia impossibile risalire all’identità del soggetto anche con dati incrociati. In ambito sanitario, i dati sensibili sono particolarmente preziosi, ma anche vulnerabili. Il mancato rispetto delle procedure può esporre l’azienda a sanzioni, danni reputazionali e perdita di fiducia da parte dei clienti.

          Ecco tre suggerimenti per evitare sanzioni simili:

          1. Verifica le politiche di anonimizzazione e aggiornale regolarmente.
          2. Implementa audit regolari sui sistemi di gestione dati.
          3. Collabora con esperti di privacy per garantire conformità alle normative.

          Vediamo meglio nel dettaglio come implementare operativamente i 3 suggerimenti.

          1. Verifica le politiche di anonimizzazione e aggiornale regolarmente

          Anonimizzare i dati non è un’operazione da fare una sola volta e dimenticare. Le tecniche di anonimizzazione possono diventare obsolete nel tempo a causa dei rapidi sviluppi tecnologici e delle nuove tecniche di attacco che possono rendere reversibili dati apparentemente anonimi. Ecco cosa dovresti fare:

          • Analisi dei rischi: Effettua una valutazione regolare delle tecniche di anonimizzazione che stai utilizzando per verificare se sono ancora efficaci nel garantire l’impossibilità di identificare i soggetti. Il rischio di re-identificazione potrebbe aumentare man mano che nuovi strumenti e tecnologie emergono.
          • Aggiornamento tecnologico: Mantieni sempre aggiornate le tecnologie di sicurezza e anonimizzazione che utilizzi. Investi in strumenti che implementino tecniche avanzate, come l’aggregazione dei dati o il random noise (tecnica differenziale di anonimizzazione).
          • Formazione del personale: Assicurati che il tuo team di gestione dati conosca e applichi le migliori pratiche di anonimizzazione e aggiornale in base alle nuove normative e linee guida.
          • Controllo continuo: Implementa sistemi di monitoraggio che verifichino se i dati rimangono anonimi nel tempo, anche in caso di nuovi incroci o dati aggiuntivi. È fondamentale rivalutare la sicurezza dei dati in modo continuo, non solo una tantum.

          2. Implementa audit regolari sui sistemi di gestione dati

          Effettuare controlli regolari sui sistemi di gestione dei dati ti permette di identificare vulnerabilità, inefficienze e non conformità alle normative. Gli audit devono essere progettati in modo approfondito e periodico per garantire la sicurezza dei dati. Ecco come:

          • Definire un piano di audit: Crea un calendario per gli audit interni ed esterni. Assicurati che ci sia una frequenza minima annuale per gli audit principali, con verifiche intermedie per le aree ad alto rischio.
          • Audit interni ed esterni: Coinvolgi sia il tuo team interno di sicurezza informatica che esperti esterni indipendenti. Gli audit esterni aggiungono un livello di oggettività e possono identificare problemi che il team interno potrebbe trascurare.
          • Check delle policy di sicurezza: Durante gli audit, verifica che le policy di gestione dati (privacy, sicurezza, accesso) siano correttamente applicate. Controlla che ci siano log di accesso, registri di modifiche ai dati e una tracciabilità completa di chi ha effettuato operazioni sui dati.
          • Analisi dei dati non strutturati: Non limitarti solo ai dati strutturati (database, CRM), ma verifica anche la gestione dei dati non strutturati (email, file condivisi, documenti interni) dove potrebbero essere presenti informazioni sensibili non adeguatamente protette.

          3. Collabora con esperti di privacy per garantire conformità alle normative

          La conformità alle normative sulla privacy, come il GDPR, richiede competenze specialistiche e aggiornamenti costanti. Una collaborazione attiva con esperti di privacy garantisce che le tue pratiche siano sempre allineate alle leggi e alle migliori prassi. Ecco come agire:

          • Nomina di un DPO o consulente esterno: Se la tua azienda non ha le risorse per un Data Protection Officer (DPO) interno, considera l’outsourcing di questa figura. Un DPO esterno garantisce che la tua azienda resti conforme, fornendo un aggiornamento continuo sulle normative in evoluzione.
          • Formazione specializzata: Collabora con esperti di privacy per organizzare sessioni di formazione specifiche per i tuoi dipendenti, concentrandoti sulle aree più sensibili per la tua organizzazione (ad esempio, il trattamento dei dati sanitari o sensibili).
          • Conformità continua: I cambiamenti normativi possono essere frequenti e complessi. Lavorare con esperti del settore ti permetterà di anticipare le modifiche legislative e di adattare tempestivamente le tue procedure aziendali.
          • Audit di conformità e certificazioni: Gli esperti possono guidarti anche nell’ottenere certificazioni di conformità (ad esempio ISO 27001) che attestano la sicurezza della tua azienda nella gestione dei dati.

          Si, la protezione dei dati sanitari non è solo un obbligo legale, ma un dovere etico verso i pazienti. Ogni azienda che tratta questi dati deve dotarsi di strumenti e procedure che garantiscano una vera anonimizzazione. La tua azienda è pronta a gestire i dati in modo sicuro?

          Se hai bisogno di aiuto per mettere a punto le migliori soluzioni per la gestione dei dati sensibili, contatta subito il nostro team di esperti!


          L’AI sta rapidamente trasformando il mondo del business, ma senza una governance aziendale adeguata, il rischio di un uso scorretto o non etico dell’intelligenza artificiale può crescere esponenzialmente. Creare un modello di AI Corporate Governance compliant è quindi fondamentale, soprattutto in contesti dove i dati personali sono il motore dell’economia digitale.

          Il confine tra privacy e intelligenza artificiale è sempre più sottile, con quest’ultima che si nutre di dati per fornire risultati, ma che deve farlo rispettando i diritti dei cittadini e dei consumatori. Non è sufficiente implementare un’AI per ottenere efficienza: è necessario stabilire un sistema di regole chiaro che garantisca trasparenza, responsabilità e conformità alle normative, come il GDPR.

          Un modello efficace di governance AI dovrebbe:

          • Definire ruoli e responsabilità: Ogni stakeholder deve comprendere il proprio ruolo nel ciclo di vita dell’AI, dalla fase di progettazione alla distribuzione.
          • Monitorare la conformità alle normative: È essenziale un continuo allineamento con le leggi in evoluzione in materia di protezione dei dati.
          • Implementare meccanismi di controllo: Sistemi di auditing regolari e verificabili sono indispensabili per garantire che i modelli AI siano corretti e sicuri.
          • Affrontare le problematiche etiche: L’intelligenza artificiale deve essere utilizzata in modo trasparente e giusto, evitando discriminazioni e pregiudizi.

          Un modello di AI governance non deve solo focalizzarsi sui risultati economici, ma deve includere una visione olistica che tenga conto dei rischi e delle opportunità, proteggendo i dati e la privacy degli individui.

          Le organizzazioni che implementano un modello di AI governance solido saranno meglio posizionate per sfruttare il potenziale di questa tecnologia in modo etico e sostenibile. Se vuoi sapere come sviluppare un piano di governance AI personalizzato per la tua azienda, contatta subito il nostro team di esperti!


          Le telecamere di sorveglianza in azienda possono essere un’arma a doppio taglio: mentre aumentano la sicurezza, possono anche violare la privacy dei dipendenti, se gestite in modo inadeguato. Recentemente, il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha sanzionato una pubblica amministrazione per gravi irregolarità nella gestione dei sistemi di videosorveglianza. Questo caso mette in evidenza quanto sia fondamentale per tutte le organizzazioni, pubbliche e private, rispettare le normative sulla protezione dei dati.

          L’ente pubblico, il Comune di Madignano (CR), aveva installato telecamere senza fornire un’adeguata informativa ai cittadini, estendendo la sorveglianza oltre le aree necessarie e senza effettuare una Valutazione d’Impatto sulla Protezione dei Dati (DPIA). Inoltre, mancavano accordi chiari con le società esterne che gestivano i sistemi, creando ambiguità sulle responsabilità e mettendo a rischio la sicurezza dei dati raccolti.

          Le osservazioni del Garante, ovvero le mancanze del Comune:

          • Informativa carente: L’ente non aveva fornito informazioni chiare e visibili alle persone riprese dalle telecamere, violando il principio di trasparenza.
          • Mancata Valutazione d’Impatto (DPIA): Non è stata effettuata una valutazione dei rischi associati al trattamento dei dati tramite videosorveglianza, obbligatoria quando le attività possono comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone.
          • Assenza di accordi con terze parti: L’ente non aveva formalizzato contratti o designato responsabili esterni per le società che gestivano i sistemi di sorveglianza, lasciando ambigue le responsabilità sul trattamento dei dati.
          • Misure di sicurezza inadeguate: Non erano state implementate adeguate misure tecniche e organizzative per proteggere i dati raccolti, esponendoli a potenziali accessi non autorizzati o violazioni.

          Il Garante ha sottolineato che tali mancanze non solo violano il GDPR, ma compromettono anche la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Sebbene il provvedimento riguardi una pubblica amministrazione, le stesse regole si applicano anche alle aziende private. La conformità alle normative sulla privacy non è opzionale e le sanzioni possono essere significative.

          Perché questo riguarda anche te:

          • Rischio di sanzioni pesanti: Ignorare le normative può portare a multe significative e danni reputazionali.
          • Protezione dei diritti individuali: Una gestione corretta tutela i diritti dei clienti, dei dipendenti e di tutte le persone coinvolte.
          • Vantaggio competitivo: Dimostrare un impegno serio verso la privacy può migliorare la fiducia e la reputazione della tua azienda.

          La domanda è: la tua organizzazione sta gestendo la videosorveglianza in modo conforme alle normative?

          Non aspettare che sia troppo tardi. Contatta il nostro team di esperti per una consulenza personalizzata. Ti aiuteremo a verificare la conformità dei tuoi sistemi di videosorveglianza e a implementare le misure necessarie per proteggere sia la tua attività che i diritti delle persone.


          Capita sovente la necessità di dover condividere password / credenziali di accesso a un sistema o una piattaforma con un fornitore. Questa necessità è un po’ come consegnare le chiavi di casa a una persona che ha l’incarico di eseguire qualche riparazione nella nostra abitazione. Ma a volte è inevitabile. E allora, ritorniamo in uno scenario più realistico B2B: Immagina di affidare a un’agenzia esterna il restyling del tuo sito web, ci sarà bisogno delle credenziali del server per implementare le modifiche. Oppure pensa a un consulente IT chiamato per risolvere un problema critico nel tuo sistema gestionale : senza accesso diretto, non potrà intervenire tempestivamente.

          Ma come puoi assicurarti che questo trasferimento di informazioni così importanti avvenga in modo sicuro, senza esporre la tua azienda a rischi inutili? La sicurezza nella condivisione delle credenziali non è un dettaglio trascurabile, ma un imperativo assoluto. Un piccolo errore può aprire voragini nel tuo sistema di protezione, mettendo a pentimento dati aziendali e reputazione.

          Ecco cosa devi considerare prima di condividere le tue credenziali:

          • Tipo di account e livello di accesso : Stai fornendo accesso amministrativo o limitato? Il livello di privilegi determina il potenziale impatto in caso di compromissione.
          • Durata dell’accesso : Il fornitore necessita di accesso temporaneo o permanente? Pianifica come revocare l’accesso al termine del lavoro.
          • Numero di utenti : Le credenziali saranno utilizzate da una singola persona o da un intero team? Questo influenza il metodo di condivisione più appropriato.
          • Autenticazione a più fattori (MFA) : Hai implementato l’MFA? Questo aggiunge un ulteriore livello di protezione contro gli accessi non autorizzati.
          • Strumenti disponibili : Disponi di password manager o sistemi di gestione degli accessi? Questi strumenti possono semplificare e rendere più sicura la condivisione.

          Soluzioni sicure per trasferire le credenziali:

          1. Password Manager affidabili : Utilizza strumenti come LastPass, 1Password o Bitwarden per condividere le credenziali in modo criptato. Il fornitore potrà accedere senza vedere la password in chiaro, e potrai revocare l’accesso in qualsiasi momento.
          2. Single Sign-On (SSO) : Implementa un sistema SSO che permette al fornitore di accedere senza conoscere direttamente le credenziali. L’accesso è concentrato e facilmente monitorabile.
          3. Account dedicato con accesso limitato : Crea un account specifico per il fornitore con privilegi minimi necessari. Questo riduce il rischio associato alla compromissione di un account con privilegi elevati.
          4. Token temporanei o API : Se l’accesso è per azioni specifiche, genera token o chiavi API con scadenza e privilegi limitati.
          5. Trasferimento cifrato : Se devi condividere direttamente le credenziali, fallo attraverso canali cifrati end-to-end come email con PGP o app di messaggistica sicura come Signal.

          Buone pratiche da adottare:

          • Rotazione della password : Cambia immediatamente la password dopo che il fornitore ha completato il lavoro.
          • Audit e logging : monitora le attività svolte con le credenziali condivise per individuare eventuali anomalie.
          • Accordi di riservatezza (NDA) e/o Nomina ex Art.28 GDPR : Formalizza un contratto che obbliga il fornitore a gestire le credenziali in modo sicuro.

          Errori da evitare assolutamente:

          • Non inviare mai credenziali tramite email non protetta, o chat non cifrate.
          • Evita di usare documenti come file di testo o fogli Excel per condividere password.
          • Non condividere account con privilegi di super-amministratore a meno che sia assolutamente necessario.

          La sicurezza delle tue credenziali è fondamentale per proteggere la tua azienda da potenziali attacchi. Sei sicuro che le tue pratiche attuali siano davvero sicure?

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          L’intelligenza artificiale (IA) ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, ma con l’aumento del suo utilizzo, cresce anche l’attenzione sulla necessità di una maggiore trasparenza. Il nuovo Artificial Intelligence Act, entrato in vigore il 1° agosto 2024, prevede sanzioni fino a 15 milioni di euro per chi non rispetta le regole di trasparenza nell’uso di IA.

          L’importanza della trasparenza nell’IA

          Uno dei problemi principali legati all’intelligenza artificiale è la mancanza di trasparenza. Spesso gli utenti non sono consapevoli di quando interagiscono con un sistema automatizzato piuttosto che con una persona reale. L’Artificial Intelligence Act mira a risolvere questo problema, obbligando le aziende a dichiarare chiaramente l’uso dell’IA nei loro prodotti e servizi.

          Le conseguenze delle violazioni

          Le aziende che non rispettano le nuove normative rischiano sanzioni molto severe. Il regolamento prevede multe fino a 15 milioni di euro per coloro che non assicurano la trasparenza necessaria sull’origine dei contenuti generati da IA. Questo include non solo testi e immagini, ma anche video e altre forme di contenuti digitali.

          Come garantire la conformità

          Per rispettare le normative, le aziende devono implementare processi che garantiscano la trasparenza. Questo include l’etichettatura chiara dei contenuti generati da IA, l’informazione adeguata agli utenti e la possibilità di richiedere spiegazioni su come i dati personali vengono trattati dalle tecnologie di IA.

          Il nuovo regolamento sull’intelligenza artificiale è un segnale chiaro che la trasparenza non è più un’opzione, ma un obbligo. Le aziende che implementano l’IA devono essere pronte a conformarsi alle nuove regole per evitare sanzioni e proteggere i diritti dei consumatori.

          La tua azienda utilizza l’intelligenza artificiale in modo trasparente? Evita sanzioni e garantisci la conformità con le normative. Parla con FinData per assicurarti che il tuo utilizzo dell’IA rispetti le nuove regole.

          Comprendere la differenza tra “dato” e “informazione” è cruciale in un’epoca in cui la gestione dei dati personali è diventata una priorità per le organizzazioni di tutto il mondo. Questo articolo esplora il ruolo dei dati nel sistema di gestione della protezione dei dati personali, con un focus sull’accountability e sulle migliori pratiche.

          La differenza tra dato e informazione

          Il dato è un singolo elemento grezzo, mentre l’informazione è il risultato dell’elaborazione e interpretazione di più dati. Nel contesto della protezione dei dati personali, è fondamentale distinguere tra questi due concetti per garantire una gestione adeguata e conforme alle normative.

          Il sistema di gestione della protezione dei dati

          Il sistema di gestione della protezione dei dati personali include tutti i processi, le tecnologie e le misure adottate dalle organizzazioni per garantire la sicurezza e la conformità dei dati raccolti e trattati. Questo sistema deve essere dinamico, adattandosi continuamente alle nuove normative e alle evoluzioni tecnologiche.

          Il principio di accountability

          Un elemento chiave nella gestione dei dati è l’accountability, ovvero la responsabilità di dimostrare la conformità alle normative in materia di protezione dei dati, come il GDPR. Le organizzazioni devono essere in grado di fornire prove documentali delle misure adottate per proteggere i dati personali, inclusi audit interni e valutazioni d’impatto.

          Un’efficace gestione dei dati personali è essenziale per garantire la sicurezza delle informazioni e rispettare le normative vigenti. Le organizzazioni devono adottare un approccio proattivo e dinamico per proteggere i dati e mantenere la fiducia dei propri clienti e stakeholders.

          La tua organizzazione è pronta a gestire correttamente i dati personali? FinData può aiutarti a implementare un sistema di gestione dei dati conforme alle normative. Contattaci per una consulenza gratuita!


          L’educazione digitale è diventata parte integrante dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole italiane, grazie alla legge 92/2019. Questo approccio punta a fornire agli studenti competenze fondamentali per affrontare le sfide del mondo digitale in modo consapevole e sicuro.

          Educazione alla cittadinanza digitale

          L’educazione digitale rientra nel più ampio contesto dell’educazione alla cittadinanza, con un focus specifico sull’uso responsabile dei dispositivi e dei servizi digitali. Gli studenti apprendono come navigare in rete in modo sicuro, proteggere i propri dati personali e riconoscere potenziali minacce, come il cyberbullismo e le fake news.

          Le competenze richieste dal futuro

          In un mondo sempre più connesso, le competenze digitali sono fondamentali per la crescita personale e professionale dei giovani. L’insegnamento dell’educazione digitale a scuola mira a preparare gli studenti a gestire la loro presenza online in modo consapevole e responsabile, oltre a sviluppare un pensiero critico nell’uso delle tecnologie.

          La protezione dei dati personali come tema centrale

          Un aspetto chiave dell’educazione digitale è la protezione dei dati personali. I giovani devono essere consapevoli dei rischi connessi alla condivisione delle proprie informazioni online e imparare a utilizzare le impostazioni di privacy sui social media e altre piattaforme digitali. In questo modo, possono proteggere la loro identità digitale e salvaguardare i loro diritti.

          L’inclusione dell’educazione digitale nelle scuole italiane è un passo importante verso la formazione di cittadini digitalmente consapevoli. Educare i giovani all’uso sicuro e responsabile delle tecnologie è fondamentale per costruire una società più preparata ad affrontare le sfide del futuro.

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          L’Università di Genova è stata recentemente vittima di un grave attacco hacker. Questo evento ha sollevato nuove preoccupazioni sulla sicurezza dei dati nelle istituzioni accademiche e sull’importanza di adottare misure di protezione adeguate per prevenire futuri incidenti.

          L’attacco e le sue conseguenze

          L’attacco ha portato al furto di 18 gigabyte di dati sensibili, e i responsabili hanno minacciato di rendere pubbliche queste informazioni o di venderle a terzi se l’università non dovesse pagare un riscatto. La vicenda, riportata da ransomfeed.it, mette in luce quanto le istituzioni accademiche siano diventate un obiettivo privilegiato per i cybercriminali.

          La protezione dei dati nelle università

          Le università gestiscono enormi quantità di dati personali, dagli studenti al personale accademico, rendendole particolarmente vulnerabili agli attacchi informatici. È essenziale che le istituzioni adottino misure di sicurezza avanzate, come l’uso di crittografia, sistemi di autenticazione multifattoriale e protocolli di backup regolari, per proteggere questi dati sensibili.

          L’obiettivo dei criminali è trafugare dati documenti e anche atti pubblici, così come accade ormai quotidianamente con attività di attacco hacker dirette a enti pubblici e privati, ma anche aziende, reati informatici che si sono decuplicati negli ultimi anni. E che spesso vengono portati a termine nei momenti di maggiore debolezza dei sistemi, proprio come accade per un più banale e tangibile furto domestico, i momenti delle vacanze, agosto ad esempio ma anche Natale, i periodi maggiormente produttivi per questo genere di attività.

          Come prevenire futuri attacchi

          Per prevenire futuri attacchi, le università devono implementare una strategia di sicurezza informatica completa. Questo include la formazione del personale e degli studenti, l’aggiornamento costante dei sistemi e l’adozione di software di protezione contro i malware. Inoltre, è fondamentale una collaborazione attiva con le autorità di polizia e gli enti di sicurezza informatica.

          L’attacco all’Università di Genova è un chiaro segnale di allarme per tutte le istituzioni accademiche. La protezione dei dati deve essere una priorità assoluta, e solo attraverso un impegno costante nella sicurezza informatica sarà possibile evitare futuri episodi simili.

          Sei preoccupato per la sicurezza informatica della tua organizzazione? Contattaci per una valutazione dei rischi e scopri come possiamo aiutarti a proteggere i tuoi dati contro attacchi informatici.

          Con l’inizio del nuovo anno scolastico, il Garante della Privacy ha rilasciato un vademecum per ricordare agli istituti scolastici e alle famiglie le regole fondamentali in materia di protezione dei dati personali. Questo include aspetti come la registrazione delle lezioni, l’uso del cellulare in aula e la pubblicazione dei voti degli studenti.

          Lezioni registrate: cosa dice la legge?

          La registrazione delle lezioni è consentita, ma solo a determinate condizioni. Gli insegnanti possono registrare le lezioni a scopo didattico, ma le registrazioni non devono essere diffuse senza il consenso degli studenti o dei genitori. Inoltre, qualsiasi condivisione delle registrazioni al di fuori dell’ambito scolastico è vietata.

          Pubblicazione dei voti e uso dei cellulari

          Anche la pubblicazione dei voti degli studenti è regolata da precise normative. I voti possono essere pubblicati online, ma in modo tale che i nomi degli studenti non siano visibili a terzi non autorizzati. Per quanto riguarda l’uso dei cellulari in classe, il Garante aveva raccomandato di limitare l’uso a scopi didattici e di adottare misure per proteggere i dati personali memorizzati sui dispositivi. A partire dall’anno scolastico 2024/2025, il ministro dell’istruzione Valditara, con una circolare, ha stabilito che i cellulari sono banditi dalle classi delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, anche per le attività educative e didattiche.

          La tutela dei dati personali a scuola

          Gli istituti scolastici sono responsabili della protezione dei dati personali degli studenti. Questo include non solo la gestione dei dati accademici, ma anche la protezione delle immagini e delle informazioni raccolte durante le attività scolastiche. Il Garante della Privacy fornisce linee guida dettagliate per garantire che le scuole rispettino le normative in materia di privacy.

          Il rispetto delle normative sulla privacy è essenziale anche nel contesto scolastico. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, è fondamentale che scuole, insegnanti e famiglie siano consapevoli delle regole da seguire per proteggere i dati personali degli studenti e garantire un ambiente sicuro e rispettoso.

          La tua scuola è preparata a rispettare le normative sulla privacy? Rivolgiti a FinData per assicurarti che tutte le attività di trattamento di dati personali siano conformi alle normative vigenti.

          L’uso delle bodycam da parte delle forze dell’ordine sta diventando una realtà sempre più vicina grazie al DDL Sicurezza approvato il 19/09/2024 alla Camera dei deputati, ma il loro impiego deve essere bilanciato con il rispetto delle normative sulla protezione dei dati personali. Il disegno di legge (atto n. 1660) su cui si basa l’iniziativa il DDL introduce norme specifiche per garantire che l’uso delle videocamere indossabili sia conforme al GDPR e altre leggi sulla privacy.

          L’uso delle bodycam e la normativa sulla privacy

          Le bodycam possono essere un valido strumento per garantire maggiore trasparenza e sicurezza durante gli interventi delle forze dell’ordine, ma devono essere utilizzate in modo proporzionato e rispettoso della privacy. La legge prevede che le riprese siano effettuate solo in specifiche circostanze, come per documentare interventi operativi o situazioni di emergenza.

          Gestione dei dati raccolti

          Le immagini e i video registrati dalle bodycam contengono dati personali sensibili, che devono essere trattati secondo rigidi protocolli di sicurezza. Le forze dell’ordine sono tenute a garantire che i dati raccolti siano conservati in modo sicuro e accessibili solo al personale autorizzato. Inoltre, devono essere stabiliti limiti chiari riguardo alla durata della conservazione e all’accesso ai dati.

          Bilanciare sicurezza e privacy

          L’adozione delle bodycam richiede un bilanciamento tra l’esigenza di sicurezza pubblica e la protezione dei dati personali. Per questo motivo, è necessario un coordinamento tra le autorità di polizia e gli enti responsabili della protezione dei dati, come il Garante della Privacy, per evitare abusi e garantire che i diritti dei cittadini siano sempre rispettati.

          L’uso delle bodycam può essere uno strumento efficace per le forze dell’ordine, ma deve essere attentamente regolamentato per rispettare le normative sulla protezione dei dati. Solo attraverso un uso consapevole e responsabile di queste tecnologie è possibile garantire sia la sicurezza pubblica che il rispetto della privacy.

          La tua organizzazione utilizza sistemi di videosorveglianza o bodycam per motivi di lavoro e vuoi assicurarti che l’uso sia conforme alle normative sulla privacy? Contatta FinData per una consulenza su come gestire al meglio la protezione dei dati.

          L’utilizzo di droni, da parte degli enti locali, per monitorare il territorio è in crescita, ma la normativa italiana è chiara: la polizia locale non può utilizzare droni per finalità riservate alle forze di polizia dello Stato. Questo solleva importanti questioni legate alla sicurezza e alla protezione dei dati personali.

          L’uso dei droni e la legge

          Secondo la normativa attuale, i droni possono essere impiegati solo per specifiche finalità di sicurezza, come quelle legate alla protezione civile, alla sorveglianza di aree a rischio o al monitoraggio di eventi pubblici. Tuttavia, l’uso di droni da parte della polizia locale è limitato e deve sempre rispettare le leggi sulla privacy.

          Valutazioni privacy prima dell’uso

          Prima di attivare un’iniziativa che preveda l’uso di droni per la sicurezza, è obbligatorio effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA), come previsto dal GDPR. Questa valutazione garantisce che i diritti fondamentali dei cittadini siano rispettati e che non vengano effettuate riprese non autorizzate di spazi privati.

          I rischi per la privacy

          L’uso improprio dei droni può comportare rischi significativi per la privacy dei cittadini. Le autorità locali devono garantire che le riprese siano effettuate solo in casi strettamente necessari e che i dati raccolti siano protetti e non utilizzati per scopi non autorizzati.

          Sebbene i droni possano rappresentare un utile strumento per migliorare la sicurezza, il loro impiego deve essere regolato da rigide normative e da un attento rispetto della privacy dei cittadini. La polizia locale deve operare nel pieno rispetto delle leggi vigenti per evitare violazioni della privacy.

          Se la tua organizzazione intende implementare l’uso di droni, assicurati di rispettare le normative sulla privacy. Parla con gli esperti di FinData per una valutazione personalizzata e per capire come gestire la sicurezza dei dati.

          Le molestie da parte del vicinato possono rendere la vita quotidiana insostenibile. In alcuni casi, la legge italiana permette di installare telecamere di sorveglianza, anche se queste riprendono una parte della strada pubblica. Tuttavia, esistono condizioni precise da rispettare affinché tale misura sia legale.

          Quando è possibile installare una telecamera?

          La videosorveglianza privata è generalmente limitata agli spazi privati, come la propria abitazione o il giardino. Tuttavia, chi subisce molestie ripetute e ha già denunciato gli episodi di minaccia, può installare telecamere che riprendano anche una parte della strada, ma solo se strettamente necessario per documentare le molestie subite.

          Rispetto della normativa sulla privacy

          Pur avendo il diritto di proteggere se stessi e la propria proprietà, l’installazione di telecamere deve avvenire nel rispetto delle normative sulla privacy. Il Garante della Privacy richiede che le riprese siano limitate e non invadano la sfera privata di altre persone. Inoltre, è necessario apporre cartelli che informino i passanti della presenza delle telecamere.

          Procedura da seguire

          Per installare una telecamera che riprende una porzione di strada, il soggetto interessato deve dimostrare di aver subito molestie e di averle regolarmente denunciate alle autorità competenti. La telecamera deve essere orientata in modo tale da riprendere solo la parte di strada strettamente necessaria alla protezione e alla documentazione delle molestie.

          In situazioni di molestie da parte del vicinato, l’installazione di telecamere può rappresentare un efficace strumento di tutela. Tuttavia, è fondamentale seguire le normative vigenti per non incorrere in violazioni della privacy e sanzioni legali.

          Sei un’azienda o una Pubblica Amministrazione e hai dubbi su come proteggere la tua privacy rispettando le normative vigenti? Contattaci per ricevere assistenza e consulenza sulle migliori soluzioni per la videosorveglianza e la protezione dei dati.

          I giovani trascorrono una quantità sempre maggiore di tempo sui social network, diventando bersagli di campagne pubblicitarie, profilazione e potenziali violazioni della privacy. La protezione dei dati personali di questa fascia di interessati, che risulta discretamente vulnerabile, deve essere una priorità sia per le istituzioni che per i genitori.

          L’uso consapevole dei social network

          Gli adolescenti spesso non hanno una piena consapevolezza delle implicazioni legate alla condivisione dei dati personali sui social network. L’EDPB (European Data Protection Board), il Garante e il Digital Service Act offrono linee guida e regolamentazioni che impongono ai fornitori di servizi digitali di adottare misure di sicurezza avanzate, come la privacy by design e by default, per tutelare i giovani utenti.

          Educazione digitale e consapevolezza

          Per proteggere i dati personali, è fondamentale educare, attraverso specifici momento formativi, i giovani sull’importanza della sicurezza online. Questo include l’impostazione delle opzioni di privacy sui propri profili social, il controllo delle app autorizzate e la scelta di piattaforme che rispettano i diritti fondamentali degli utenti.

          Normative e protezione dei dati

          Le normative europee, come il GDPR, impongono alle aziende di rispettare rigidi protocolli di sicurezza per la raccolta e l’uso dei dati personali, soprattutto quando si tratta di utenti minorenni. L’applicazione di queste normative è essenziale per garantire che i giovani possano navigare sui social network senza rischi per la loro privacy.

          Proteggere i dati personali dei giovani è una responsabilità condivisa tra istituzioni, famiglie e fornitori di servizi digitali. Solo con un uso consapevole delle tecnologie e il rispetto delle normative sulla protezione dei dati personali è possibile garantire una navigazione sicura e rispettosa dei diritti degli utenti più giovani.

          Vuoi garantire la sicurezza dei dati personali dei più giovani nella tua organizzazione? Contattaci oggi per scoprire come FinData può aiutarti ad applicare le migliori pratiche di protezione dei dati sui social network.

          Nel panorama lavorativo in continua evoluzione, la crescente importanza della privacy e dei big data sta delineando nuove figure professionali. Con l’avanzare dell’intelligenza artificiale (IA) e degli algoritmi, le competenze legate alla gestione e protezione dei dati sono diventate fondamentali, rendendo la privacy una delle professioni chiave del futuro.

          Il ruolo della privacy nelle nuove professioni

          L’impiego massiccio degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale non riguarda solo il settore tecnologico, ma tocca quasi ogni ambito produttivo. Di conseguenza, professioni come il Data Protection Officer (DPO), l’analista di dati e il consulente per la privacy sono sempre più richieste. Il futuro del mondo del lavoro vede queste figure protagoniste, grazie alla loro capacità di proteggere e gestire le informazioni sensibili.

          Big data e IA: la sfida della protezione

          Con il continuo aumento della raccolta e analisi dei dati, la protezione di questi diventa cruciale. Gli algoritmi di intelligenza artificiale utilizzano enormi quantità di dati personali per migliorare la loro efficienza, ma ciò comporta anche un aumento dei rischi legati alla sicurezza e alla privacy. Le nuove professioni legate alla privacy dovranno affrontare queste sfide, garantendo che l’uso dei big data sia conforme alle normative sulla protezione dei dati.

          Le competenze chiave per emergere

          Per entrare in questo settore, le competenze legate alla gestione dei dati e alla conoscenza delle normative, come il GDPR, sono essenziali. Inoltre, la capacità di comprendere e gestire le tecnologie emergenti, come l’IA, è un altro elemento fondamentale per chi vuole lavorare in questo ambito. La formazione continua sarà indispensabile per restare al passo con le evoluzioni tecnologiche e legislative.

          Il futuro del lavoro sarà sempre più interconnesso con la gestione dei dati e la protezione della privacy. I giovani che oggi si formano in questo settore hanno davanti a sé opportunità in crescita e la possibilità di occupare ruoli chiave in un mercato del lavoro sempre più digitale e data-driven.

          Vuoi scoprire come FinData può supportare la tua organizzazione nella protezione dei dati e nella preparazione al futuro del mondo del lavoro? Contattaci oggi per una consulenza personalizzata!

          La Direttiva NIS2 (Network and Information Security) è stata introdotta per migliorare la sicurezza informatica in settori critici e strategici, come il trasporto, la sanità, l’energia e le infrastrutture digitali. Questa normativa impone a specifici soggetti di adottare misure di sicurezza avanzate e di notificare incidenti significativi.

          Per supportare le aziende nel comprendere se rientrano nel campo di applicazione della Direttiva NIS2, ti invitiamo a completare questo breve questionario. Il servizio è gratuito e le tue risposte ci permetteranno di farti sapere se la tua azienda deve conformarsi alla normativa e, in caso positivo, ti forniremo indicazioni specifiche sui prossimi passi da intraprendere per garantire la conformità.

          Compilando il form e cliccando su “INVIO” confermi di aver visionato la nostra privacy policy raggiungibile qui: https://www.findata.it/informativa_customer/
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          Per settori critici, intendiamo: Settore energetico, trasporti, infrastrutture digitali, gestione rifiuti, assistenza sanitaria, fornitori di servizi digitali.
          Le risposte a questa domanda ci aiuteranno a comprendere se la tua azienda rientra nei criteri dimensionali previsti dalla direttiva NIS2
          Se la tua azienda gestisce il trasporto o la distribuzione di beni critici, come alimenti, materiali sanitari o dispositivi medici, o se fornisce servizi logistici per merci che, se bloccate, potrebbero influenzare settori fondamentali come la sanità o l’energia.
          Ad esempio: La tua azienda utilizza piattaforme digitali per la gestione delle spedizioni o delle flotte? Un attacco informatico ai tuoi sistemi IT potrebbe causare ritardi nelle consegne o interruzioni nella gestione delle operazioni logistiche, con conseguenze dirette sulla distribuzione delle merci o sui servizi offerti.
          Fornisci in questo spazio ulteriori informazioni per darti un esito della valutazione quanto più preciso possibile.

          La più grande raccolta di password al mondo: RockYou2024

          Recentemente, i ricercatori di Cybernews hanno scoperto quella che sembra essere la più vasta raccolta di password mai registrata, chiamata RockYou2024. Un individuo con il nickname ObamaCare ha caricato su un forum di hacking un file di testo contenente quasi 10 miliardi di password uniche in chiaro. Questo evento supera di gran lunga le precedenti raccolte simili, come RockYou2021, che includeva circa 8,4 miliardi di password.

          L’importanza della sicurezza delle password

          Il file rockyou2024.txt, condiviso sul forum, contiene precisamente 9.948.575.739 password uniche. I ricercatori di Cybernews hanno analizzato attentamente questa enorme raccolta, scoprendo che le password provengono da una combinazione di vecchi e nuovi data breach. La creazione di questa collezione è probabilmente frutto di accessi non autorizzati a oltre 4.000 database negli ultimi vent’anni. Sebbene non sia ancora chiaro se questa compilation sia stata venduta o distribuita gratuitamente, una raccolta di tale portata rappresenta una risorsa incredibilmente preziosa per i cybercriminali.

          Attacchi “Brute Force” e “Credential Stuffing”

          Le raccolte di password come RockYou2024 sono particolarmente pericolose perché permettono ai malintenzionati di effettuare attacchi di forza bruta per accedere agli account online. Una delle tecniche più utilizzate in questi casi è il “credential stuffing”. Ma cosa significa esattamente?

          Credential Stuffing

          Il credential stuffing è un tipo di attacco informatico in cui gli hacker utilizzano un grande numero di credenziali, spesso ottenute da precedenti data breach, per tentare di accedere a vari servizi online. Questo attacco sfrutta una cattiva abitudine molto diffusa tra gli utenti: riutilizzare le stesse credenziali su più piattaforme.

          Ecco come funziona in pratica:

          1. Raccolta di credenziali: Gli hacker ottengono grandi liste di combinazioni di nome utente e password, spesso disponibili nel dark web a seguito di data breach.
          2. Automazione dell’attacco: Utilizzando strumenti automatici, gli hacker tentano di accedere a vari servizi online con queste credenziali. L’automazione permette di verificare migliaia o addirittura milioni di combinazioni in poco tempo.
          3. Accesso agli account: Se le credenziali risultano valide su uno o più servizi, gli hacker ottengono accesso a quegli account, che possono poi utilizzare per scopi fraudolenti come il furto di dati, transazioni finanziarie non autorizzate, o ulteriori attacchi.

          Come proteggersi dai pericoli del credential stuffing

          Per proteggersi da attacchi come il credential stuffing, è essenziale adottare alcune misure preventive:

          1. Non riutilizzare le stesse password: Utilizzare password uniche per ogni account riduce il rischio che un singolo data breach possa compromettere molteplici account.
          2. Verificare le credenziali: Utilizzare servizi come “Have I Been Pwned” per controllare se le proprie credenziali sono state esposte in qualche data breach. In caso affermativo, cambiare immediatamente le password compromesse.
          3. Creare password robuste: Utilizzare password complesse, lunghe e con una combinazione di lettere, numeri e simboli. Considerare l’uso di un password manager per gestire e generare password sicure.
          4. Abilitare l’autenticazione a due fattori (2FA): L’uso della 2FA aggiunge un ulteriore livello di sicurezza, richiedendo non solo la password ma anche un secondo fattore di autenticazione, come un codice inviato via SMS o una notifica su un’app di autenticazione.

          Adottando queste misure, è possibile ridurre significativamente il rischio di cadere vittima di attacchi di credential stuffing e proteggere meglio i propri account online.

          La scoperta della compilation RockYou2024 da parte di Cybernews è un chiaro promemoria dell’importanza di mantenere elevati standard di sicurezza per le proprie credenziali online. La consapevolezza delle minacce e l’adozione di buone pratiche di sicurezza possono fare la differenza nella protezione delle proprie informazioni personali e dei propri account. Contattaci per ottenere maggiori informazioni su come proteggere i dati della tua organizzazione.

          Il 17 gennaio 2023 ha segnato un momento significativo per la sicurezza informatica europea con l’entrata in vigore della Direttiva UE NIS 2. Questo quadro normativo non solo rafforza l’approccio comune alla cybersicurezza tra tutti gli Stati membri dell’UE, ma stabilisce anche un periodo fino al 18 ottobre 2024 per il suo recepimento a livello nazionale. A differenza del GDPR, che è un regolamento direttamente applicabile, la NIS 2 richiede che ogni Stato Membro adotti misure specifiche per sviluppare piani di sicurezza e formare team di esperti dedicati.

          La NIS 2 si inserisce in un contesto legislativo già ricco, che include:

          • Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) UE 2016/679;
          • Il Regolamento sulla resilienza operativa digitale (DORA);
          • La Direttiva sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (CER);
          • L’atto sulla resilienza cibernetica (Cyber Resilience Act);
          • Il Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica.

          Questo insieme di normative e direttive sottolinea l’impegno dell’UE nel proteggere i dati e la privacy dei suoi cittadini, intensificando la resilienza contro le minacce cibernetiche a livello transnazionale.

          Con l’avvento della direttiva NIS 2, l’Unione Europea ha ampliato significativamente il campo d’applicazione delle normative sulla sicurezza cibernetica. A differenza della NIS 1, la nuova direttiva non si limita a considerare la sicurezza delle singole organizzazioni o dei fornitori di servizi essenziali. Piuttosto, estende la sua attenzione all’intera catena di fornitura, evidenziando una comprensione più olistica dei rischi di sicurezza.

          Un esempio chiaro di questa estensione riguarda le aziende del settore informatico che forniscono hardware e software. Se questi prodotti sono utilizzati da clienti per l’erogazione di servizi essenziali, l’azienda fornitrice viene automaticamente inclusa nel perimetro di applicazione della direttiva. Ciò sottolinea un cambiamento significativo nel modo in cui si considera la sicurezza: non è più una questione isolata, ma una responsabilità condivisa lungo tutta la catena di valore.

          Questa estensione del campo di applicazione fa sì che non solo le organizzazioni direttamente coinvolte nella fornitura di servizi essenziali siano tenute a rispettare gli standard elevati di sicurezza, ma coinvolge anche tutte quelle entità che, indirettamente, contribuiscono alla loro erogazione. La direttiva NIS 2 pone dunque un accento particolare sulla necessità di una vigilanza ampliata, comprendendo ogni anello della catena di fornitura come fondamentale per la resilienza complessiva del sistema.

          La Direttiva NIS 2 porta con sé un paradigma di sicurezza più integrato e diffuso, che riconosce l’importanza di ogni contributo, anche indiretto, alla sicurezza delle infrastrutture critiche. È un passo avanti significativo verso una protezione IT più robusta e un aumento della Compliance complessiva delle organizzazioni.

          La tua organizzazione è conforme alla NIS 2? Hai verificato gli impatti per la tua azienda? Con le nuove regolamentazioni che ampliano la responsabilità a tutta la catena di fornitura, è essenziale assicurarsi di aderire agli standard anche nelle pratiche. I nostri esperti sono disponibili per una call di consulenza gratuita per discutere la tua situazione specifica e aiutarti a navigare le complessità della NIS 2. Non lasciare che la conformità diventi un ostacolo—trasformala in un vantaggio competitivo. Contattaci

          Le discussioni su un possibile divieto di TikTok negli Stati Uniti hanno superato la fase teorica. Il presidente Joe Biden ha firmato una nuova legge, dopo l’approvazione del Senato, che obbliga ByteDance, proprietaria di TikTok, a disinvestire dall’app entro nove mesi o a subire un blocco su tutto il territorio nazionale.

          La nuova normativa non vieta esplicitamente TikTok, evitando così potenziali accuse di incostituzionalità. Questo argomento aveva già bloccato nel 2023 il divieto dello stato del Montana, quando un giudice distrettuale dichiarò che un tale divieto “violava il diritto costituzionale degli utenti e delle imprese” – in particolare, il diritto alla libertà di parola ed espressione garantito dal Primo Emendamento.

          Invece di vietare TikTok, la legge richiede che ByteDance, proprietaria cinese dell’app, di vendere la sua proprietà a causa delle preoccupazioni per la sicurezza nazionale relative alla condivisione di dati con il governo di Pechino e alla possibile sorveglianza sui cittadini statunitensi.

          Il direttore dell’FBI, Christopher Wray, ha precedentemente dichiarato che ByteDance è “controllata dal governo cinese” e ha avvertito che il Partito Comunista Cinese potrebbe influenzare i 170 milioni di utenti statunitensi di TikTok manipolando l’algoritmo che cura i contenuti visualizzati.

          ByteDance ora ha nove mesi per vendere TikTok, con la possibilità di un’estensione di tre mesi se la vendita è in corso al momento della scadenza.

          Se l’azienda non riuscisse a vendere, TikTok verrebbe bandita negli USA. Tuttavia, l’app non sparirà automaticamente dai dispositivi di chi l’ha già installata ma verrà rimossa dagli app store di Apple e Google, e le installazioni esistenti non riceveranno più aggiornamenti o correzioni.

          Shou Zi Chew, CEO di TikTok, ha dichiarato in un video pubblicato sull’app: “Siamo fiduciosi e continueremo a lottare per i vostri diritti in tribunale. I fatti e la Costituzione sono dalla nostra parte… state tranquilli, non andiamo da nessuna parte.” TikTok ha inoltre rilasciato una dichiarazione affermando di aver investito “miliardi di dollari” per mantenere sicuri i dati degli utenti statunitensi.

          L’India ha bandito l’app nel 2020, con Iran, Senegal, Nepal, Afghanistan e Somalia che hanno seguito l’esempio. Altri paesi hanno imposto restrizioni su TikTok sui dispositivi governativi e militari, inclusi il Regno Unito, il Canada, l’Australia e l’UE.

          E a chi ha giovato il blocco di TikTok dove questo è già attuato? Instagram Reels e YouTube Shorts hanno occupato quel vuoto creato proprio dal blocco della popolare app cinese.

          Commento Critico

          La recente decisione degli Stati Uniti di imporre a ByteDance di disinvestire da TikTok solleva questioni cruciali non solo sul fronte della sicurezza nazionale, ma anche riguardo la protezione dei dati personali degli utenti. Questa legge evidenzia un crescente bisogno di trasparenza e di controllo sugli algoritmi che gestiscono le informazioni visualizzate e condivise dagli utenti.

          Se da un lato la preoccupazione per la sicurezza nazionale è legittima, data l’implicita potenzialità di manipolazione e sorveglianza, è altresì fondamentale garantire che queste misure non calpestino i diritti fondamentali alla privacy e alla libertà di espressione. Il divieto di TikTok, o la sua vendita forzata, potrebbe creare un precedente pericoloso per la regolazione di altre piattaforme digitali, specialmente quelle in possesso di grandi quantità di dati sensibili.

          È imprescindibile che ogni decisione presa in materia di tecnologia e protezione dei dati sia accompagnata da un’analisi dettagliata e trasparente delle implicazioni per la privacy degli utenti. Inoltre, è essenziale promuovere un dialogo aperto tra governi, aziende tecnologiche e società civile per garantire che la sicurezza non venga utilizzata come pretesto per compromettere diritti personali fondamentali.

          Il futuro della governance dei dati richiede un equilibrio tra sicurezza e rispetto della privacy, e la situazione attuale con TikTok serve come un importante campanello d’allarme per i legislatori, le aziende tecnologiche e gli utenti su scala globale.

          Il 13 marzo 2024 il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale. Si tratta di un passo storico che rappresenta il primo quadro normativo completo a livello mondiale per l’IA. Eppure, analizzandolo nella sua forma attuale, ci sono luci ed ombre sugli aspetti di protezione dei dati personali. Ne parliamo in questo nuovo articolo.

          Obiettivi e punti salienti dell’AI Act

          L’obiettivo principale dell’AI Act è di garantire che i sistemi di IA sviluppati, immessi sul mercato o utilizzati nell’UE siano sicuri, rispettosi dei diritti fondamentali e dei valori dell’Unione, e in linea con i principi di eticità e trasparenza.

          Il regolamento introduce una classificazione a quattro livelli di rischio per i sistemi di IA, che va da “inaccettabile” a “basso”. I sistemi ad alto rischio, come quelli utilizzati per la sorveglianza biometrica di massa o per la valutazione del credito, saranno soggetti a requisiti più rigorosi.

          L’AI Act vieta lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’utilizzo di sistemi di IA considerati “inaccettabili”, come quelli che utilizzano la manipolazione subliminale o la categorizzazione biometrica a distanza di persone in base a dati sensibili (etnia, religione, orientamento sessuale, ecc.).

          I sistemi di IA ad alto rischio, per fare luce tra le ombre, dovranno soddisfare una serie di requisiti rigorosi, tra cui:

          • Valutazione e gestione dei rischi
          • Requisiti di qualità dei dati
          • Documentazione e trasparenza
          • Supervisione umana
          • Conformità ai principi etici

          L’AI Act e la privacy

          L’AI Act, coerente integrazione al già esistente GDPR, contiene diverse disposizioni volte a tutelare la privacy degli individui. Ad esempio, il regolamento vieta l’utilizzo di sistemi di IA per la sorveglianza biometrica di massa in tempo reale, ad eccezione di alcune circostanze specifiche e ben definite.

          Inoltre, l’AI Act richiede che i sistemi di IA siano progettati in modo da minimizzare la raccolta e l’utilizzo di dati personali. I dati personali possono essere utilizzati solo per le finalità per le quali sono stati raccolti e gli individui devono avere il controllo dei propri dati.

          Critiche all’AI Act

          Nonostante i suoi aspetti positivi, l’AI Act ha ricevuto diverse critiche dagli addetti ai lavori, in particolare per:

          • La sua complessità: Il regolamento è molto articolato e complesso, il che potrebbe ostacolare la sua implementazione e la sua comprensione da parte delle aziende.
          • Il via libera alla sorveglianza biometrica di massa: L’AI Act permette alle forze dell’ordine di utilizzare la sorveglianza biometrica di massa in determinati contesti, come la ricerca di persone scomparse o la prevenzione di reati. Questo ha sollevato preoccupazioni per la privacy e la libertà individuali, soprattutto in contesti illiberali.
          • Mancanza di chiarezza su alcuni aspetti: Alcune definizioni e disposizioni del regolamento sono considerate ancora troppo vaghe e potrebbero creare incertezza per le aziende.

          L’AI Act rappresenta un passo avanti significativo nella regolamentazione dell’IA a livello globale. Tuttavia, il suo impatto concreto dipenderà da come sarà implementato e applicato negli Stati membri. La complessità del regolamento, le critiche ricevute e la necessità di una maggiore chiarezza su alcuni aspetti lasciano aperte diverse questioni.

          Ma cerchiamo di fare un esempio concreto dell’applicazione dell’AI Act a un trattamento delicato quale può essere il riconoscimento facciale in tempo reale per la sicurezza pubblica.

          Contesto: Immagina una città che utilizza un sistema di riconoscimento facciale in tempo reale per monitorare la sicurezza pubblica in aree affollate, come stazioni ferroviarie o centri commerciali. Il sistema è basato su telecamere di sorveglianza che catturano le immagini dei volti delle persone e le confrontano con un database di persone ricercate o sospettate di attività criminali.

          Applicazione dell’AI Act: In questo caso, l’AI Act si applicherebbe in quanto il sistema di riconoscimento facciale è considerato un sistema di IA ad alto rischio. L’azienda che gestisce il sistema dovrebbe quindi:

          • Effettuare una valutazione del rischio: L’azienda dovrebbe identificare e valutare i potenziali rischi per la privacy e la sicurezza associati all’utilizzo del sistema.
          • Adottare misure di sicurezza: L’azienda dovrebbe implementare misure tecniche e organizzative adeguate per mitigare i rischi identificati.
          • Garantire la trasparenza: L’azienda dovrebbe fornire informazioni chiare e accessibili al pubblico su come funziona il sistema, quali dati sono raccolti e come sono utilizzati.
          • Ottenere il consenso: L’azienda dovrebbe ottenere il consenso degli individui prima di raccogliere e utilizzare i loro dati biometrici.

          L’utilizzo del riconoscimento facciale in tempo reale così come rappresentato nello scenario di contesto presenta inoltre diversi rischi per la protezione dei dati personali, tra cui:

          • Raccolta di dati biometrici senza consenso: Il sistema potrebbe raccogliere dati biometrici degli individui senza il loro consenso o senza che ne siano consapevoli.
          • Profilazione e discriminazione: Il sistema potrebbe essere utilizzato per creare profili individuali e per discriminare determinate persone o gruppi di persone.
          • Sorveglianza di massa: Il sistema potrebbe essere utilizzato per monitorare la popolazione in modo invasivo e per limitare la libertà di movimento e di associazione.

          L’AI Act offre un quadro normativo per permettere l’utilizzo di sistemi di IA ad alto rischio, proprio come può essere il riconoscimento facciale in tempo reale. E’ fondamentale pertanto che le autorità competenti e le aziende che sviluppano e utilizzano tali sistemi adottino misure adeguate per tutelare la privacy e i diritti fondamentali degli individui.

          Gli ambiti in cui l’AI ACT verrà di certo “tirato in ballo” riguardano contesti in evoluzione come, ad esempio:

          • Assunzioni di personale: L’AI Act potrebbe essere applicato ai sistemi di IA utilizzati per la selezione dei candidati per un lavoro, al fine di evitare discriminazioni.
          • Valutazione del credito: L’AI Act potrebbe essere applicato ai sistemi di IA utilizzati per valutare la solvibilità dei clienti, al fine di garantire la correttezza e la trasparenza dei processi decisionali.
          • Sistemi di raccomandazione: L’AI Act potrebbe essere applicato ai sistemi di IA utilizzati per consigliare prodotti o servizi agli utenti, al fine di evitare la profilazione e la manipolazione.

          Indubbiamente ci aspetto un futuro fitto di sfide oltre che di opportunità. Le autorità saranno in grado di governare la quarta rivoluzione industriale?

          Maggiori informazioni su come valutare l’impatto dell’AI ACT sulla tua organizzazione? Contattaci oggi stesso!

          In un’era in cui la sicurezza digitale è più cruciale che mai, l’Italia compie passi significativi verso il rafforzamento delle misure di cybersicurezza nelle sue amministrazioni pubbliche. Con l’introduzione di nuovi obblighi delineati nel DDL Cybersicurezza, il paese mira a elevare le sue difese contro le minacce informatiche sempre più sofisticate. Sinteticamente, possiamo affermare che i 5 punti principali del DDL Cybersicurezza, sono:

          1. Rigorosi Provvedimenti Disciplinari: Il DDL introduce significative misure repressive aumentando la severità delle sanzioni per l’accesso illecito ai sistemi informatici, elevando la pena detentiva da un minimo di 2 anni fino a un massimo di 10 anni. Inoltre, stabilisce sanzioni pecuniarie e fino a 2 anni di reclusione per coloro che vengono sorpresi a possedere o diffondere software pericolosi.
          2. Obbligo di Notifica per Incidenti di Sicurezza: Segnala un cambiamento normativo che impone alle Pubbliche Amministrazioni l’obbligo di comunicare all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) qualsiasi incidente di sicurezza entro 24 ore dalla sua individuazione.
          3. Designazione di un Responsabile per la Cybersicurezza: Istituisce l’obbligo per gli Enti Pubblici di nominare un referente specifico per la cybersicurezza, incaricato di sovrintendere alla sicurezza informatica. Questa figura avrà il compito di assicurare l’adeguamento alle norme e ai requisiti dettati dalla Direttiva NIS2 dell’Unione Europea.
          4. Potenziamento delle Funzioni dell’ACN: Amplia le competenze dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, affidandole un ruolo più incisivo nella prevenzione degli attacchi informatici e nel supporto all’autorità giudiziaria per un coordinamento efficace e tempestivo.
          5. Inserimento di Nuove Tipologie di Reato: Il disegno di legge introduce specifiche fattispecie di reato, tra cui l’estorsione informatica, e rafforza le procedure di indagine e di determinazione delle responsabilità penali, affrontando con maggiore determinazione le sfide poste dalla criminalità informatica.

          Proviamo ad esplorare come l’art.13 del DDL proposto e, in attesa di approvazione dalle camere, possa trasformare il panorama della cybersicurezza italiano, enfatizzando l’importanza di una gestione del rischio informatico organizzata e reattiva.

          La Necessità di una Struttura Dedicata: L’articolo 13 del DDL Cybersicurezza sottolinea l’importanza di una struttura dedicata all’interno delle amministrazioni pubbliche per affrontare efficacemente le sfide della cybersicurezza. Questa struttura avrà il compito di sviluppare politiche e procedure di sicurezza delle informazioni, gestire i rischi informatici e monitorare le minacce in continuo cambiamento, garantendo così una protezione dati ottimale.

          Il Ruolo Cruciale del Referente per la Cybersicurezza: Il DDL evidenzia il ruolo cruciale del referente per la cybersicurezza come punto di contatto tra le amministrazioni e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Questa figura sarà fondamentale per coordinare gli sforzi di sicurezza, garantendo che le amministrazioni rispettino gli standard più elevati e le migliori pratiche in materia di cybersicurezza.

          Lo stesso art.13, prevede specifiche esclusioni per alcuni soggetti e organi dello Stato, riconoscendo che esistono obblighi e disposizioni particolari per questi enti in materia di cybersicurezza. Questo approccio mirato assicura che le misure adottate siano appropriate e efficaci per ogni tipo di entità.

          L’adozione del DDL Cybersicurezza rappresenta un passo significativo verso il miglioramento della sicurezza delle informazioni e la resilienza informatica delle amministrazioni pubbliche italiane. Con la creazione di strutture dedicate e la designazione di referenti per la cybersicurezza, l’Italia si impegna a creare un ambiente digitale più sicuro per i cittadini e le istituzioni. Questa iniziativa non solo eleva il livello di protezione contro le minacce informatiche ma sottolinea anche l’importanza della collaborazione e della comunicazione efficace in questo settore in rapida evoluzione.

          Non possiamo che accogliere con favore questi sviluppi e rimaniamo impegnati a supportare le amministrazioni pubbliche e le aziende nel loro percorso verso una cybersicurezza rafforzata, in linea con gli standard GDPR e le best practices internazionali.

          In un mondo sempre più connesso, la sicurezza informatica e la protezione dei dati personali rivestono un’importanza cruciale, specialmente nel settore della sanità digitale. La recente multa comminata dal Garante per la Protezione dei Dati Personali a una nota società di dispositivi medici, per aver inviato e-mail contenenti dati sensibili in chiaro a centinaia di pazienti diabetici, solleva interrogativi significativi sulla gestione della privacy e sulla sicurezza informatica nelle aziende.

          La sanzione di 300.000 euro imposta alla società evidenzia gravi lacune nella protezione dei dati dei pazienti, esponendo informazioni estremamente delicate e mettendo a rischio la privacy degli individui coinvolti. L’incidente non solo dimostra la necessità di adottare misure tecniche e organizzative adeguate per prevenire violazioni dei dati, ma sottolinea anche l’importanza di una formazione approfondita per i dipendenti riguardo le pratiche corrette nella gestione delle comunicazioni elettroniche.

          Questo episodio dovrebbe servire da monito per tutti gli imprenditori, i titolari di aziende che sviluppano software e i responsabili privacy, sottolineando la critica necessità di rivedere e potenziare i sistemi di gestione della privacy attualmente in uso. La conformità al GDPR (General Data Protection Regulation) e l’adozione di una solida consulenza privacy non sono opzionali, ma elementi fondamentali per garantire la fiducia dei consumatori e per proteggere l’azienda da rischi legali e reputazionali significativi.

          La lezione da trarre da questo caso non è solo l’imperativo di evitare sanzioni finanziarie, ma anche la comprensione che la sicurezza dei dati e la privacy devono essere considerate priorità assolute nell’era digitale, specialmente nel settore sanitario, dove le informazioni gestite sono di natura particolarmente sensibile. La scelta del provider per i servizi in cloud, i fornitori di tecnologie e la formazione dei dipendenti sono solo la base della piramide.

          Come esperti nel campo della sicurezza informatica e della consulenza privacy, è nostro dovere sollecitare le aziende a intraprendere una valutazione approfondita delle proprie politiche e pratiche di gestione dei dati personali. È essenziale garantire che i sistemi in atto siano non solo conformi alla normativa vigente, ma anche in grado di proteggere efficacemente le informazioni sensibili da potenziali violazioni.

          Ma non ci limitiamo a consigliare e sollecitare: Se tu che stai leggendo sei un imprenditore o un referente interno privacy, hai l’opportunità di richiedere una valutazione gratuita del sistema di gestione dei dati personali attualmente in uso nella vostra organizzazione. Questo passo non solo potrà aiutarvi a identificare eventuali lacune nella vostra attuale configurazione di sicurezza e privacy, ma vi fornirà anche le basi per un miglioramento continuo, assicurando che la vostra azienda rimanga al sicuro, conforme e competitiva in un paesaggio digitale in costante evoluzione. Proteggi la tua azienda a violazioni dei dati e da sanzioni delle autorità, contattaci.

          Organismo di Vigilanza e GDPR

          Nel contesto sempre più stringente della protezione dei dati personali, la nomina di un Organismo di Vigilanza (OdV) diventa un aspetto cruciale per le aziende e le organizzazioni che trattano dati sensibili. L’OdV rappresenta un organo interno autorizzato al trattamento dei dati personali, svolgendo un ruolo chiave nella definizione e nell’attuazione delle politiche aziendali in materia di protezione dei dati. In questo articolo, non ci limiteremo ad esplorare l’importanza dell’OdV, il suo inquadramento normativo e le sue responsabilità in conformità con il GDPR e il decreto 231/2001 ma vi forniremo anche un template di Nomina a Soggetto Designato ex art. 2 quaterdecies Dlgs n.196/2003 per l’Organismo di Vigilanza.

          Ruolo e Importanza dell’OdV

          L’OdV deve essere dotato di autonomia e indipendenza per garantire un efficace esercizio delle sue funzioni di vigilanza e controllo. È responsabile di monitorare l’adeguatezza e l’efficacia delle misure adottate dall’azienda per proteggere i dati personali, nonché di garantire la conformità con le normative vigenti. In un contesto in cui la privacy è sempre più al centro dell’attenzione, la presenza di un OdV competente e diligente diventa fondamentale per mitigare i rischi legati alla gestione dei dati personali.

          Responsabilità Amministrativa e Decreto 231/2001

          Ai sensi del decreto 231/2001, l’ente può essere ritenuto responsabile amministrativamente per reati commessi da persone fisiche agendo nell’interesse dell’ente stesso. Per escludere tale responsabilità, l’ente deve adottare modelli organizzativi volti a prevenire reati, tra cui la nomina di un OdV con poteri di iniziativa e controllo. L’OdV assume quindi un ruolo cruciale nella prevenzione e nella gestione dei rischi associati al trattamento dei dati personali, contribuendo alla tutela dell’azienda e dei suoi interessi.

          Interpretazioni e Qualificazioni del Ruolo Privacy dell’OdV

          Nella dottrina, vi sono diverse interpretazioni e qualificazioni del ruolo privacy dell’OdV. Alcuni lo considerano un mero organo di controllo, mentre altri attribuiscono maggiori responsabilità e poteri decisionali. Indipendentemente dall’interpretazione adottata, è fondamentale che l’OdV sia adeguatamente preparato e dotato delle risorse necessarie per svolgere efficacemente le sue funzioni di vigilanza e controllo.

          Conclusioni e Contenuto gratuito

          La nomina di un Organismo di Vigilanza rappresenta un passo fondamentale per garantire la conformità con le normative sulla protezione dei dati personali e per mitigare i rischi associati al trattamento dei dati sensibili. È essenziale che l’OdV sia dotato di autonomia e indipendenza, e che sia adeguatamente preparato per svolgere le sue funzioni in modo efficace. Solo così sarà possibile garantire il rispetto delle normative vigenti e la tutela dei dati personali degli individui.

          Compila il form di seguito indicato e avrai accesso al template “Nomina Soggetto Designato ex art. 2 quaterdecies Dlgs n.196/2003 – Organismo di Vigilanza” in formato word, gratis e senza ulteriori click.

          Per il download del contenuto richiesto è necessario inserire un indirizzo email @aziendale.

          Nell’era digitale odierna, la cybersecurity è fondamentale per ogni azienda, indipendentemente dalle dimensioni. Tuttavia, le statistiche recenti rivelano una realtà preoccupante: quasi il 73% delle aziende intervistate non fornisce ai propri dipendenti sessioni di formazione sui rischi informatici e sulle precauzioni da adottare. Ancora più allarmante, tre piccole e medie imprese su quattro ammettono di non essere consapevoli di cosa comporti un attacco ransomware.

          In FinData, abbiamo compreso già da tempo l’importanza cruciale di proteggere i nostri clienti dalle minacce informatiche e grazie a partnership forti e programmi di formazione avanzata, siamo sempre aggiornati sugli ultimi trend di mercato e le best practice di settore. Il nostro Data Protection Team ha un focus dedicato ad aiutare le organizzazioni nostre clienti a rafforzare le difese digitali e a proteggere gli asset aziendali. Dall’implementazione di robuste misure di sicurezza alla fornitura di sessioni formative complete per il personale dipendente, offriamo soluzioni su misura per soddisfare le tue esigenze specifiche.

          Sapevi che gli attacchi di phishing sono tra le minacce informatiche più comuni affrontate dalle piccole imprese in Italia? Nonostante ciò, meno della metà delle persone intervistate (48%) è familiare con le tecniche di phishing. Questa mancanza di consapevolezza lascia molte aziende vulnerabili ad attività informatiche dannose.

          Se non lo hai ancora fatto, è’ necessario attuare misure proattive per proteggere la tua azienda oggi stesso. Contattaci per una valutazione gratuita dello stato della sicurezza della tua azienda. I nostri professionisti condurranno una valutazione approfondita e forniranno preziose indicazioni per migliorare il tuo framework di sicurezza.

          Non aspettare che sia troppo tardi. Proteggi la tua azienda dalle minacce informatiche. Contattaci ora per pianificare la tua consulenza gratuita e compiere il primo passo verso un futuro digitale più sicuro.

          Le statistiche fornite si basano sull’articolo di Wired.